Di rilancio del nucleare si è parlato al summit della Cop28 di Dubai. Sono una ventina infatti i Paesi che hanno stretto un patto con l’obiettivo di triplicare entro il 2050 la produzione di energia atomica. Perché il nucleare «pulito», quello di ultima generazione, viene visto come l’alternativa più potente in grado di garantire uno sviluppo futuro davvero sostenibile.

La premier Giorgia Meloni nel suo intervento a Dubai ha detto che occorre superare ogni radicalismo sul clima per una transizione che sia “ecologica ma non ideologica” perché, se finisse per gravare sulle spalle dei cittadini, il cammino verso un pianeta ‘pulito’ “sarebbe inevitabilmente condannato a fallire”. Per questo, l’addio ai combustibili fossili deve avvenire “in tempi sostenibili”. La premier non preclude la strada del nucleare -caldeggiata da 22 Paesi, tra cui Usa e Francia- ma puntualizza che la “sfida”, in questo campo, è soprattutto quello della fusione, in cui l’Italia potrebbe primeggiare.

“E’ un momento chiave del nostro sforzo per contenere la crescita delle temperature entro 1,5 gradi – ha detto –  Anche se ci sono ragioni per essere ottimisti, l’obiettivo è lontano. La Cop28 deve essere una svolta”. L’Italia, ha assicurato Meloni, “sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione, lo fa in modo pragmatico, con un approccio di neutralità tecnologica, libero dal radicalismo”, l’unica strada possibile “se vogliamo essere efficaci”.

Assieme alla Francia, Roma svetta alla Cop28 per il contributo al ‘Loss and damage, il fondo per i paesi vulnerabili costretti a pagare le conseguenze di un’industrializzazione ‘selvaggia’ decisa e portata avanti da altri: l’Italia verserà 130 milioni, con un’attenzione particolare all’Africa. Tassello di un puzzle più grande, quello del Piano Mattei che il governo porta avanti.