Chef Klugmann contro gli sprechi di Natale: «Con i resti dell’arrosto si può farcire un pasticcio»
foto da Quotidiani locali
TRIESTE Del maiale non si butta via nulla e i resti dell’arrosto possono diventare un goloso pasticcio, ma con un pizzico di inventiva anche gli scarti del cavolo cappuccio possono servire da antipasto light, mentre lische e teste di pesce avanzate dalla Vigilia sono un’ottima base per una zuppa da congelare e consumare a Capodanno.
Espedienti di cucina una volta considerata “povera” ma che in tempi di inflazione e crisi climatica diventano le nuove prelibatezze dei menù gourmet. «Il vero lusso in cucina è il rispetto per l’ambiente e la bellezza che si trova nella sostenibilità», svela la chef triestina Antonia Klugmann, che nel suo ristorante L’Argine a Vencò studia tecniche per ridurre a zero l’impatto ambientale dei suoi piatti: valorizzare ingredienti poveri ma prodotti eticamente e «portare anche i ritagli di cibo verso nuovi orizzonti palatali».
L’alta cucina incontra così il rispetto per il territorio, merito anche di una collaborazione in piedi da anni tra la chef e il Wwf: a Natale niente portate di “lusso” (e poco etiche) come caviale o foie gras, ma piatti semplici, di stagione, anche recuperati dagli avanzi del giorno prima.
Chef, creiamo un menù per le feste. Iniziamo dal 24.
«La tradizione vuole il pesce alla Vigilia. Io da anni scelgo solo pescato locale: cozze allevate in golfo, passere di mare e sogliole, ma mai da strascico, una modalità di pesca con fortissimo impatto ambientale. Il consiglio per evitare sprechi è preparare il giusto, tenendo conto che ci saranno altre portate. Meglio un’unica preparazione, preferendo pesce di pezzatura più grossa: anche accendere il forno e scaldare l’acqua ha il suo impatto, ambientale oltre che economico».
E il pesce che avanza?
«Possiamo utilizzarne gli scarti. Lische e teste non sono da buttare ma possono essere utilizzati come base per una zuppa, che si può congelare o conservare in frigo anche per alcuni giorni».
Passiamo al 25. Lei cosa preparerà?
«A Natale il ristorante è chiuso. Il pranzo lo prepara mia madre e da nostra tradizione sarà un menù all’inglese, a base di arrosto. Anche sotto le feste è meglio scegliere carne di provenienza sostenibile e ottenuta in modo rispettoso della vita animale. Evitare quindi carne da allevamenti intensivi e preferire animali da cortile. Come il tacchino, che noi prepariamo ripieno: mele, cipolle e pane vecchio, che così non va sprecato».
E se ne prepariamo troppo?
«I resti possono essere utilizzati per un brodo o un ragout da mangiare a Santo Stefano. Il fegato può essere trasformato in una terrina, buona anche dopo due giorni. Ottima idea è il paté, che essendo cotto, e contenendo burro e sale, può essere consumato lungo tutte le feste, fino a Capodanno».
Di contorno?
«Ortaggi di stagione. Verze, radicchi, pomodori verdi. I fermentati: cardi, cappuccio, crauti che oltretutto fermentano alla temperatura di casa e possono essere conservati a lungo. In questo momento poi si trovano gli spinaci migliori dell’anno, perché hanno preso freddo».
Come non far andare a male la verdura che rimane in frigorifero?
«Il trucco è scegliere cotture e preparazioni che garantiscano una buona conservazione: evitare di stracuocere, per preservare i nutrienti, e preferire metodi di raffreddamento immediati, per fissare il colore».
Idea per un’insalata zero spreco?
«A Natale prepareremo un’insalata di cicoria e cime di rapa, e della bieta bollita, arricchita da frutta secca o uova sode. Tutte ricette che possono essere conservate fino a tre giorni, per rimanere più leggeri il 27 o il 28. Anzi, la maturazione in frigo ne migliora il sapore».
Finiamo con la frutta?
«Di stagione: melograni e cachi, senza però acquistarne troppa, per evitare che vada buttata. Una specialità della regione sono le susine, che adesso si trovano essiccate o sotto spirito, e non vanno mai sprecate».