Frode sui lavori al parco di San Giuliano a Mestre, il pm chiede 5 condanne
«Non è stato redatto il registro di contabilità, nessuna documentazione sull’avanzamento dei lavori e ciò nonostante – con un accodo tra privato e ente pubblico appaltatore: implicito, ma che c’è – in modo inusuale le parti hanno sottoscritto certificati di pagamento, senza alcun tipo di fondamento normativo».
Così il pubblico ministero Andrea Petroni, nel corso della requisitoria con la quale ha chiesto al giudice Stefano Manduzio di condannare per frode in pubbliche forniture a 2 anni e 6 mesi di reclusione e 2 mila euro di multa il direttore dei lavori Roberto Buzzo e gli imprenditori Ugo e Davide Brunelli, dell’Ati “Brunello Placido e Franco Srl e Veneta Montaggi 2001 Srl.
Un anno e mezzo, invece, la pena richiesta per il dirigente dei Lavori pubblici comunale Simone Agrondi e l’architetta Silvia Loreto, che si sono susseguiti nelle funzioni di Responsabile unico del procedimento.
Il processo è quello che vede al centro i lavori per la trasformazione del parco di San Giuliano in un polo per eventi: per la Procura, il Comune avrebbe pagato 139 mila euro per lavori non eseguiti, in un cantiere che l’accusa descrive come caotico e irrispettoso delle normative di gestione contabile.
«L’indagine è iniziata con un controllo ambientale, perché la terra nei cassoni del cantiere aveva un volume molto inferiore rispetto agli scavi», ha ricostruito il pm, «la Polizia giudiziaria ha poi scoperto che i rifiuti mancanti non sono stati regolarmente smaltiti. In risposta alle richieste di documentazione avanzate al direttore lavori e al Comune di Venezia, non viene consegnato nulla, se non un foglietto Excel con 4-5 righe come “giornale dei lavori”».
«Superflua qualsiasi altra considerazione: al più sono appunti. Io ritengo che il fatto di non tenere contabilità e redigere un documento riassuntivo finale con voci inventate, costituisca un inadempimento che diventa fraudolento».
Il pm Petroni definisce «clamoroso» quanto scoperto: «Le terre scavale – presenti fibre di amianto – sono state disperse in un territorio già bonificato con 5 milioni di euro dei contribuenti».
E, ancora, «esempi eclatanti, anche il anche materiale riciclato al posto della ghiaia sotto l’asfalto, voci raddoppiate nel numero dei camion in cantiere, il mai avvenuto smaltimento dell’agglomerato fangoso, il numero inferiore pozzetti scavati, le piazzole ridotte da 3 a 1 e voci moltiplicate per 3. Pensare che si trattasse di opere in essere è assurdo. Pagare quando c’è un “meno” in vista di un “più” futuro non fa venir meno la frode», conclude Petroni, «Il rup paga sapendo che certe cose non sono fatte e poi aspetta il collaudo finale? È assurdo».
In sede di arringhe difensive, l’avvocato Marco Vassallo ha chiesto l’assoluzione del dirigente Agrondi: «Il pm chiede la sua condanna per falso, per avere scritto il vero, cioè che la contabilità era stata tenuta dal direttore lavori in modalità provvisoria, come da lui scritto nel certificato di pagamento e che comunque il Comune non ha avuto alcun danno perché con il terzo saldo dei lavori i conteggi sono stati fatti analiticamente».
L’avvocato Marino De Franceschi, per l’architetto Loreto, ha sostenuto che la contabilità in partita provvisoria è legittima e prevista da tutti gli enti pubblici.
Parola alle altre difese (e probabile sentenza) il 12 gennaio