Una donna libera e indipendente: trecento scatti di Tina Modotti per riscoprire l’artista friulana
![Una donna libera e indipendente: trecento scatti di Tina Modotti per riscoprire l’artista friulana](https://www.gedistatic.it/content/gnn/img/messaggeroveneto/2024/01/08/112756615-df820a6e-20ed-4794-9cce-7ca3876ec666.jpg)
foto da Quotidiani locali
Le mostre d’arte vanno giudicate sulla base della qualità e della quantità delle opere esposte e quella di Tina Modotti a Rovigo, aperta fino al 28 corrente, non teme confronti: come scriveva Maurizio Fiorino su “Robinson”, a Palazzo Roverella c'è addirittura una mostra nella mostra, perché quaranta delle trecento opere esposte ricostruiscono l’esposizione del 1929 a Città del Messico, che oggi appare come un testamento artistico.Ma, una volta chiuse, le mostre vivono soltanto attraverso il catalogo, e quello di Rovigo è sicuramente un punto fermo nella storia critica della grande fotografa.
Il titolo dell'esposizione, “Tina Modotti. L'opera”, dimostra che Riccardo Costantini, curatore della mostra e autore del saggio introduttivo nel sontuoso catalogo, ha voluto puntare i riflettori sulle opere fotografiche, analizzate sotto il profilo estetico e storico, non, come troppo spesso è accaduto in passato, su eventi e vicende della vita privata e pubblica dell'artista.
Anche nei rari convegni di studio intitolati al suo nome, Tina appare come un pretesto per parlare d'altro (muralismo, estridentismo, comunismo, soccorso rosso …), e le sue fotografie vengono adoperate negli “atti” come illustrazioni, non come opere d'arte da sottoporre a verifiche critiche e storiche.
Ciò non significa che i movimenti politici, artistici e culturali degli anni Venti in Messico e nel mondo siano stati ignorati dai saggisti di Rovigo: significa soltanto che appaiono come ineliminabili cornici per le opere di Tina, che rimangono il leit-motiv di ogni contributo.
Sono dieci i saggi in catalogo – fra essi il nostro, che illustra la mostra del 1929 – , e naturalmente non possiamo qui analizzarli, ma i titoli bastano per rivelarne i contenuti.
“L'utopia materna nelle madonne con bambino moderniste di Tina Modotti” è il titolo del saggio di Emily M. Hinnov, e “La fotografia al di là della cronaca storica: l'opera sociale, pedagogica, e artistica di Tina Modotti nelle Escuelas Libres de Agricoltura” quello di Fabiane Taís Muzardo; Patricia Albers dimostra come le fotografie dei tardi anni Venti siano nate dall'empatia instauratasi fra Tina e gli ultimi del Messico, ed Amy Conger rivela le influenze ricevute da Tina durante gli anni vissuti in California e in Messico; Maria de las Nieves Rodríguez Méndez scopre i “legami sovietici” di Tina con Majakovskij, Eisenštejn e le avanguardie, e Federica Muzzarelli analizza il protofemminismo di Tina, “fotografa e niente altro”.
Giuliana Muscio indaga in profondità l'esperienza teatrale e cinematografica di Tina, l'unica attrice italiana presente nella storia del cinema muto in America, e Carol Armstrong intitola il suo saggio alla Magritte: “Questa fotografia non è una fotografia: nella zona grigia con Tina Modotti”.
“Mostruosa” infine la bibliografia, stampata in cinque pagine su tre colonne, che dimostra la varietà e la complessità culturale necessaria per un approccio non istintivo alla produzione della grande fotografa friulana: siamo certi che rimarrà di per sé come strumento culturale indispensabile per gli studiosi che in futuro vorranno impegnarsi nello studio di Tina Modotti.
Anche i “crediti” saranno una “mappa” molto utile per gli studiosi di domani, perché localizzano le opere esposte e i documenti citati o consultati, e non si finisce di rimanere stupiti leggendo il lungo elenco, che comprende il George Eastman Museum di Rochester (New York), molte altre collezioni negli States, e archivi di Città del Messico, Mosca, Parigi, Londra, Camberra, Berlino, Firenze, Arles e altrove.
Il catalogo contiene, a pagina 122, anche gli spartiti delle canzoni di Concha Michel, ma non la sua magica voce, che risuonò a Città del Messico il 3 dicembre 1929, e continuerà ad accompagnare la mostra di Rovigo fino al 28 gennaio. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA