Cinema al 100 per cento, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal primo febbraio
foto da Quotidiani locali
TE L’AVEVO DETTO | HOW TO HAVE A SEX | PRIMA DANZA, POI PENSA
TE L’AVEVO DETTO
Regia: Ginevra Elkann
Cast: Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Danny Huston, Greta Scacchi, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher
Durata: 100’
Voto: 5
In pieno gennaio Roma viene travolta da una anomala ondata di caldo asfissiante e appiccicoso.
Un “inferno” che accende quello interiore di alcuni personaggi: Gianna (Bruni Tedeschi) è una donna ossessionata da Pupa (Golino), pornostar un tempo famosa avviata ad un declino nostalgico attutito dal botox.
La figlia di Gianna, Mia, soffre di disordini alimentari. Caterina (Rohrwacher) è una alcolizzata che sottrae il figlio alla custodia del padre (Scamarcio).
C’è, infine, padre Bill (Huston) che dovrebbe aiutare gli altri ma anche lui lotta contro la dipendenza dalla droga.
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La seconda regia di Ginevra Elkann – Te l’avevo detto – fa i conti con le vite disastrate dei suoi protagonisti, spesso marchiate da un rapporto materno traumatico. Ma al di là dell’idea di raccontarle attraverso il filtro caliginoso di una ambientazione limbica (non proprio una novità dopo la Roma arida di “Siccità” e quella in fiamme di “Adagio”) in cui ogni punto di riferimento sembra evaporare, le varie storie in cui si frammenta il film sono deboli o fagocitate dall’ingombrante presenza delle due Valerie. (Marco Contino)
Voto: 5
***
HOW TO HAVE A SEX
Regia: Molly Manning Walker
Cast: Mia McKenna-Bruce, Lara Peake, Samuel Bottomley, Shaun Thomas, Enva Lewis
Durata 98’
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Corfù, Creta o Santorini, il mondo anglosassone è da sempre attratto dal Mediterraneo come luogo di vacanze da sballo, mare o non mare poco importa, basta che ci siano compagnia, musica e fiumi di birra.
È in questo contesto che finiscono anche le tre teen-ager di Molly Manning Walker, a sua volta giovane regista britannica esordiente in un lungometraggio dopo una buona esperienza in patria come direttrice della fotografia.
Un esordio che ha sfondato a Cannes, vincendo il primo premio della sezione “A certain regard”, con un’attenzione anche eccessiva verso il film. Al di là del titolo, “How to have a sex” non spiega e non programma nulla in materia: le tre adolescenti britanniche che vanno in vacanza a Creta per abbandonarsi a un divertimento senza limiti, tra alcool, locali notturni e nuove amicizie, non sono molto avvezze a questa vita e una tra loro, Tara, è anche vergine.
Così, quella che dovrebbe essere la più bella estate della loro vita si rivela una vacanza non così easy, dove sesso, consenso e consapevolezza di sé seguono percorsi più complessi di quanto avrebbero immaginato. Soprattutto Tara (Mia McKenna Bruce) esprime l’ambiguità della resa tra le attese e la verifica, per lei, sulla soglia dell’età adulta, che dapprima è spaccona e divertente “per contratto” e poi triste e depressa, felice solo di rientrare in Inghilterra. Anche se al rientro dovrà fare i conti sul test di ammissione all’università.
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A metà strada tra “Aftersun” della scozzese Charlotte Wells o il più drammatico e provocatorio “Spring Breakers” di Harmony Korine, spostato nella Florida primaverile, di cui non ha però gli estremi estetizzanti, “How to have a sex” testimonia come l’ansia ormonale possa tramutarsi in una solitudine esistenziale, indipendentemente dall’amore.
Attenta alle dinamiche individuali e di gruppo, più che all’analisi sociale, anche se è forte la critica verso l’industria del divertimento a oltranza, dell’etica e dell’estetica dello sballo, al sole del Mediterraneo, Walker dà conto di una moda e di un’aspirazione che da generazioni guarda al Mediterraneo non propriamente come la culla della civiltà classica. (Michele Gottardi)
Voto: 6.5
***
PRIMA DANZA, POI PENSA
Regia: James Marsh
Cast: Gabriel Byrne, Sandrine Bonnaire, Maxine Peake
Durata: 100’
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Un biopic tradizionale, classico, molto ben interpretato da Gabriel Byrne, ma nel complesso abbastanza déja vu.
Il protagonista è Samuel Beckett, il celebre drammaturgo, che nel 1969 vince il Premio Nobel per la letteratura, dalla cui premiazione prende le mosse il film di James Marsh, “Prima danza, poi parla”, frase tratta da una battuta di “Aspettando Godot”.
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Lungi dall’essere contento, Beckett sale sul palco, strappa la busta dell'assegno dalle mani del cerimoniere e comincia a scalare le quinte esterne, per rifugiarsi oltre il loggione che diventano i meandri della sua mente, dove deve confrontarsi col suo doppio.
Da lì una serie di flashback, sul suo passato sin da quando scappò dall’Irlanda della madre padrona, poi Parigi, il legame con James Joyce, la Resistenza, il successo, le donne, il finale di partita.
Film delicato e ricco di dialoghi, di speranze e di sentimenti, ma anche di molti rimorsi, “Prima danza, poi parla” non affonda la narrazione né nell’onirismo iniziale, né nel ricorso alle citazioni letterarie del suo lavoro che invece avrebbero portato freschezza e profondità. (Michele Gottardi)
Voto: 5