San Vito di Cadore, denuncia sei volte il compagno: «Mi lanciò un tizzone ardente»
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La donna si è costituita parte civile e chiederà i danni nel procedimento penale per stalking e maltrattamenti
Tizzone ardente contro la compagna. Non ha colpito lei, durante una grigliata a San Vito di Cadore, ma una delle sue figlie nate in una precedente relazione e c’è una foto della schiena della ragazza agli atti del processo per maltrattamenti in famiglia e stalking.
L’imputato è un uomo del posto, che tra il settembre 2020 e il giugno dell’anno dopo avrebbe messo in atto tutta una serie di condotte maltrattanti e persecutorie, che però in tribunale nega fermamente, attraverso l’avvocata Claudia Bettiol.
La donna, che con questa l’ha querelato sei volte (cinque querele ritirate), si è costituita parte civile con Massimiliano Paniz. Chiederà i danni, dopo che ieri ha avuto un crollo emotivo, fuori dall’aula, alla fine del suo lungo e articolato esame.
I due si erano conosciuti nel 2015. Lei lavorava in un locale pubblico e lui era un cliente fedele. Durante la relazione è nata una bambina, che l’imputato non ha riconosciuto o non gli stata fatta riconoscere, a seconda delle versioni.
C’è stato un primo periodo di serenità all’interno della coppia, poi ogni pretesto è stato buono per litigare: «Motivi spesso futili», ha detto in tribunale la donna, «non condivideva nemmeno la gestione della casa da parte mia e rompeva porte e maniglie, oltre che riempirmi di insulti, anche a sfondo sessuale e denigrarmi sia come donna che come madre. Beveva tanto e questo influiva senz’altro nella nostra relazione. Ci siamo più volte lasciati e riappacificati».
Non poteva durare e, dopo la fine della storia, gli atti persecutori hanno preso il posto dei maltrattamenti.
La donna ha girato quattro video con il telefonino, tra il 27 settembre e il primo novembre 2021: «Nel primo ero in macchina e mi stava seguendo; due li ho confezionati al supermercato e il quarto fuori da casa mia. Dopo l’episodio del tizzone lanciato verso di me, avevo deciso di non vederlo più e, invece, me lo ritrovavo dappertutto».
L’imputato l’avrebbe inseguita anche fino alla caserma dei carabinieri, mentre stava andando a presentare una delle querele, oltre che tempestarla di telefonate e messaggini, alcuni dei quali per la verità riguardavano la gestione di una bambina, che lui vedeva poco e di questo si lamentava. Ci sono i tabulati a testimoniarlo.
La parte offesa ha cambiato casa spostandosi a valle e questo l’ha confermato anche la madre. Quest’ultima sarebbe stata a sua volta insultata, in occasione di una cerimonia religiosa che riguardava una delle nipoti: «Mia figlia era in pericolo e ne leggiamo tutti i giorni sui giornali».