Manganellate agli studenti, Piantedosi ammette: “A Pisa una sconfitta”. Ma difende la polizia. E Tajani: “Agenti spesso attaccati da radical chic”
L’ammissione della “sconfitta” nel caricare i ragazzi ma allo stesso tempo una difesa delle forze dell’ordine che hanno il “diritto” di “non subire processi sommari”. Una sorta di riedizione di una comunicazione ‘manganello e carota’ che va avanti da giorni tra condivisione delle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una difesa a oltranza della polizia anche nella ricostruzione di quanto avvenuto a Pisa, dove l’atteggiamento del Reparto mobile di Firenze ha provocato 17 feriti tra cui 11 minorenni, il “clima di veleno” evocati mercoledì dopo l’assalto a una volante a Torino e le esternazioni di Giorgia Meloni sui “pericoli” legati alle critiche alla polizia. Il governo traccheggia dopo le violenze al corteo studentesco pro-Palestina nella città toscana e prova a tenere tutto insieme: la necessità di stigmatizzare l’uso della forza di fronte a un centinaio di ragazzi e allo stesso tempo tenere il punto (e il pugno) fermo.
“La visione delle immagini degli scontri di Pisa ha turbato anche me”, dice il ministro dell’Interno Piantedosi all’inizio della sua informativa alla Camera. “Quando si giunge al contatto fisico con ragazzi minorenni è comunque una sconfitta ed è ancor più necessario svolgere ogni verifica con puntualità, obiettività e trasparenza”, assicura il capo del Viminale. Il resto del suo intervento davanti ai deputati è tutto incentrato sulla difesa dell’operato delle forze dell’ordine e le sue parole istituzionali risuonano a Montecitorio mentre a poca distanza il ministro degli Esteri Antonio Tajani non usa mezzi termini, dimenticando anche lui il richiamo secco di Mattarella dopo le violenze a Pisa: i poliziotti “sono figli del popolo” e “spesso quelli che gli attaccano sono figli di papà radical chic, violenti che non hanno nessun rispetto della legge, dell’autorità dello Stato”.
E va’ a capire, insomma, qual è la reale linea del governo tra un’onda emotiva, la pulsione alla difesa a prescindere delle forze dell’ordine, la necessità di mantenere un profilo istituzionale, la voglia di trasformare l’incidente in una contrapposizione con il centrosinistra e la necessità di non andare allo scontro con il Quirinale. Una china assai stretta e tortuosa. Dall’opposizione, a esempio, chiedono a più riprese a Piantedosi a chi si riferisse durante il suo intervento quando ha rivendicato “il diritto degli appartenenti alle forze di polizia di non subire processi sommari” e respinto “fermamente ogni tentativo di coinvolgere, nelle polemiche politiche, il lavoro delle forze di polizia”. Per la manifestazione di Pisa di venerdì scorso, “in totale violazione di legge”, ha sostenuto Piantedosi nella sua ricostruzione, “non era stato presentato alcun preavviso”.
Dagli uffici della polizia hanno “cercato più volte, senza esito, di contattare gli organizzatori”, ha detto ancora il capo del Viminale. Risposta? “Nessuna”. E anche durante la manifestazione, alla fine, in sostanza la carica se la sono cercata, ad ascoltare il ministro: “Per garantire l’incolumità degli operatori di polizia, compressi contro l’automezzo collocato alle loro spalle, veniva effettuata una carica di alleggerimento, consentendo al personale di avanzare di qualche metro e di allentare così la pressione dei manifestanti”. In precedenza, ha detto ancora, gli agenti avevano tenuto la posizione “utilizzando i soli scudi, nonostante i manifestanti continuassero a mettere in atto una pressione con spinte, calci, insulti, sputi e tentativi di sottrarre gli scudi”.
E proprio a causa della “forte pressione – ha detto ancora – sopraggiungeva un secondo contingente dei reparti”. Poi la carica, i manganelli e i 17 feriti, molti dei quali minorenni. La “sconfitta”, per dirla con le parole del ministro che ha garantito la volontà di rispettare sempre il diritto a manifestare. Ma il resto è tutto una puntualizzazione: “Il rischio di incidenti e di scontri è pari a zero se i manifestanti non pongono in essere comportamenti pericolosi o violenti, rispettando le regole”. Ancora: dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre si è evidenziato “un clima di crescente aggressività nei confronti delle Forze dell’ordine”. Quindi un appello: “Auspico che vi sia da parte di tutte le forze politiche una comune volontà di abbassare i toni, senza mai rinunciare alla dialettica democratica”.
Netta la risposta del Pd che ha richiamato quanto avvenuto a Torino: “Da parte della presidente del Consiglio si chiedeva: ma chi sarà della sinistra che interverrà in solidarietà? Noi. Ma non ho sentito la stessa tensione e vicinanza da parte della presidente del Consiglio dopo i fatti di Pisa e questo mi ha molto stupito perché quei fatti hanno colpito tutti gli italiani a prescindere dalle loro opinioni politiche”, ha ricordato il dem Matteo Mauri. “Il tema non è la condanna della polizia – ha sottolineato – ma il controllo democratico e di come viene gestito l’ordine pubblico. Questo è un pezzo di democrazia”. Per il Pd, è la destra a “strumentalizzare” quanto è accaduto negli ultimi giorni con le accuse alla sinistra: “Fomenta? Ma chi fomenta? Noi parliamo di diritti non comprimibili – ha sottolineato Mauri – C’è un clima che vuole limitare il dissenso. Questa è l’idea che voi avete in testa, noi ne abbiamo tutta un’altra”.
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