Addio ad Ambrogio Pelagalli, mediano del Milan che vinse la prima Coppa dei Campioni
PAVIA. Il calcio locale e nazionale piange la scomparsa di Ambrogio Pelagalli da Pieve Porto Morone, 84 anni. L’ex mediano di Milan, Atalanta e Roma, poi allenatore del Derthona in serie C1, dell’Oltrepo in C2, si è spento nel pomeriggio di lunedì all’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano, dove era ricoverato per uno scompenso cardiaco (funerali mercoledì alle 10 alla chiesa di Pieve Porto Morone).
Con il Trap
Cresciuto nel Dagrada Manzoni, formazione giovanile in orbita milanista, firma il suo primo contratto a 14 anni, assieme a Giovanni Trapattoni. Debutta in serie A nel maggio 1960, Milan-Spal 3-1. Con i rossoneri disputa 6 stagioni, vincendo lo scudetto nel 1962 e la Coppa dei campioni l’anno successivo (come componente della rosa).
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Il suo primo gol nel massimo campionato nazionale lo mette a segno nell’ottobre 1961, in Milan-Roma: è quello del 2-0 (finisce 3-1): «Rubo palla ad Angelillo, che poi sarebbe arrivato in rossonero, salto Losi e poi beffo Cudicini», spiegava nell’intervista rilasciata al nostro giornale nell’aprile del 2020.
Il grande rammarico
Il suo più grande rammarico rimane l’infortunio che gli nega la finale della Coppa dei Campioni del 22 maggio 1963, quando i rossoneri a Londra (Wembley) affrontano il Benfica di Eusebio, grande favorito e detentore delle ultime 2 edizioni del trofeo, ma che la squadra del paron Nereo Rocco, con Altafini e Rivera, batte 2-1, regalando la prima Coppa "dalle grandi orecchie" all’Italia.
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La domenica prima nella partita contro il Genoa, Pelagalli si procura uno strappo, salta la finale, ma è regolarmente in campo nella sfortunata tripla sfida di Intercontinentale contro il Santos, vincitore della Libertadores: 4-2 a San Siro, 4-2 in Brasile, 1-0 nello spareggio per i carioca: allora non esistevano supplementari e rigori, ma si ripeteva il match in caso di perfetta parità dopo andata e ritorno.
Con Rivera e Altafini
Pelagalli svolgeva lavoro di copertura e raccordo a centrocampo, con il brasiliano Dino Sani in regia e Rivera a imbeccare le punte Mora e Altafini. Rocco lo impiegava come numero 4 o con il 6, talvolta gli dava anche l’11 o il 7. Nel suo score, anche nove derby, con bilancio in perfetta parità: tre vinti, tre persi, tre pareggiati. Dopo 118 presenze con il Milan, nel 1966 passa all’Atalanta, dove conta 90 partite e indossa pure la fascia di capitano, quindi alla Roma (27 gare).
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In serie A colleziona complessivamente 235 presenze con 6 reti segnate. Gioca 136 match in B: 108 nel Taranto, 28 ancora nell’Atalanta, poi scende in C col Piacenza per avvicinarsi a casa e chiude la sua carriera tra i dilettanti con la Medese. Appese le scarpette al chiodo, il "Pela" intraprende la carriera di allenatore.
La vita da allenatore
Debutto in C2 nel 1978/1979 alla guida del Derthona, società rimasta sempre nel suo cuore Quindi Cerretese, Pergocrema, Brindisi, di nuovo Cerretese, Martina Franca (1985/1986, vittoria e promozione in C1), ritorno al Derthona fino al 1990: 3 anni di serie C1, due salvezze contro gli squadroni della C1 dell'epoca. Le ultime esperienze in panchina sono a Mantova, Vastese e chiusura all’Oltrepo, sempre in C2, nel 1992/1993. Complessivamente in serie C1 5 campionati da mister, e in C2 9. Dal 1997 al 2009, l’ex mediano di Pieve Porto Morone è osservatore del Milan; poi dal 2010 al 2012 torna a Tortona da dirigente e presidente, per 3 stagioni. Nell’ottobre 2015 assume il ruolo di direttore generale dell’area tecnica del Nibbiano. È sempre stato amante del calcio e del territorio, partecipando volentieri alle premiazioni e incontri.
Il rimpianto
«Sono legato a Tortona – ha dichiarato in un’intervista alla Provincia -. Ma sono orgoglioso di essere un pavese, l’unico rimpianto è di non aver mai dato una mano al Pavia come giocatore o allenatore, l’ho incontrato da avversario e un paio di volte l’ho battuto con il Derthona. Non è mai stato semplice, ma lo sport è fatto così» . —
FRANCO SCABROSETTI