Renzo e i “milanesi” che diedero la svolta: «Frustalupi la chiave del nostro gioco»
PAVIA. La Lazio che vince lo scudetto 1974 è una delle storie più affascinanti del nostro calcio. Scolpita nel nome di Tommaso Maestrelli, l’allenatore voluto per tornare in serie A dopo la retrocessione del 1971. Traguardo subito centrato. E nell’estate 1972 prende forma il gruppo che sarà tricolore.
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Il ds Sbardella porta a casa dal Como il 22enne Renzo Garlaschelli, uno che in tre campionati di serie B ha segnato appena 6 gol. Con lui un manipolo di “milanesi”: il portiere Felice Pulici, il mediano Re Cecconi e soprattutto il regista Frustalupi, umbro di Orvieto, ma “milanese” perché arriva dall’Inter. Frustalupi un paio di mesi prima aveva giocato, con la casacca numero 11 di Corso infortunato, la finale di coppa Campioni, quella persa a Rotterdam contro l’Ajax di Cruijff.
«Frusta era il nostro Pirlo – ricorda Garlaschelli – tutti i palloni passavano dai suoi piedi. Giocatore fondamentale per lo scudetto»
La Lazio quel primo anno arriva terza, il Garla segna 7 gol in 29 partite e lo scudetto sfugge solo nel secondo tempo dell’ultima giornata: quando con il Milan che crolla a Verona, la Juve ribalta lo 0-1 all’Olimpico con la Roma e la Lazio cade a Napoli nel finale dopo 90 minuti di discussioni accese in campo: finisce con 45 punti e scudetto Juve; poi 44 Milan e 43 Lazio. Quarantatrè punti che un anno dopo basteranno a vincere il tricolore, Chinaglia che fa 19 gol e Garlaschelli 10.
La leggenda vuole che stavolta prima di Roma-Juve, terz’ultima giornata all’Olimpico, Maestrelli si fosse spinto a Trigoria per l’ultimo allenamento dei giallorossi. Voleva guardarli negli occhi. La Roma batterà la Juve 3-2. Sono gli anni della Lazio spaccata in due clan che a Tor di Quinto occupano differenti spogliatoi: da una parte Chinaglia, Wilson, Oddi, Petrelli e Pulici, dall’altra Martini, Re Cecconi, Frustalupi, Nanni e Garlaschelli.
«A fine allenamento giocavamo la partitella sul lato corto del campo, sette contro sette oppure otto contro otto – spiega Garlaschelli -; Maestrelli voleva giocassimo a due tocchi. E si faceva sul serio: l’agonismo era quello che si metteva in campo la domenica». La Lazio tricolore sarà quarta l’anno seguente quando a Maestrelli verrà diagnosticato un cancro; Maestrelli che tornerà nel torneo 75-76 con la salvezza incassata per differenza reti grazie a Badiani che firma il 2-2 all’ultima giornata a Como. Maestrelli morirà a dicembre 1976 e il 18 gennaio 1977 Re Cecconi verrà ucciso da un gioielliere. La Lazio finirà quinta. Il declino che trascenderà nell’epica della sopravvivenza porta con sé la salvezza nel ‘78, l’ottavo posto con Giordano capocannoniere nel ‘79, lo scandalo scommesse e la retrocessione nel 1980.
Il 27 aprile di quell’anno Garlaschelli segna l’ultimo di 49 gol in serie A durante Lazio-Napoli 1-1: sono passati 8 anni dall’estate in cui sbarcò nella capitale senza immaginare, nemmeno lontanamente, che sarebbe rimasto per sempre nel cuore dei tifosi laziali. —