All’Arcella, dove vivono circa 40 mila persone, gli stranieri censiti sono il 31%. Quasi il doppio della media comunale che è del 17%. In alcune zone, come vicino alla stazione ferroviaria, la percentuale sale a 35%. Le statistiche del Comune hanno provocato un vivace dibattuto nel quartiere. «L’eccessiva presenza di stranieri nel rione più grande della città è dovuta alla totale assenza di una politica dell’immigrazione da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute dagli anni ’90 ad oggi – osserva il capogruppo della lista Giordani Luigi Tarzia – Una reale città multietnica si costruisce con una distribuzione diversa da quella attuale, in grado di creare una maggiore coesione sociale».
Cosa fare allora? «È assolutamente urgente non aprire all’Arcella altre case per l’accoglienza e favorire una redistribuzione negli altri rioni». Sullo stesso tono, ma con i dovuti distinguo, il commento del presidente della Consulta: «I residenti hanno timore della microcriminalità – ragiona Carlo Forner – Le famiglie immigrate si sistemano qui perché vogliono vivere a fianco dei loro connazionali, che praticano la stessa religione. Non dimentichiamo che, dopo il centro, l’Arcella è il quartiere con più anziani che soffrono dei maggiori problemi di convivenza. Non è un caso che noi della Consulta abbiamo riservato risorse per organizzare corsi di lingua italiana». Di conseguenza Forner invita l’amministrazione a potenziare le politiche sociali in atto: «Da subito il Comune deve impegnarsi a far rispettare le regole sia dell’abitare che del commercio con la finalità di non arrivare a conflitti sociali – sottolinea il presidente – Vanno regolati anche i luoghi di culto religioso, spesso situati in case fatiscenti, non idonee ad ospitare in spazi angusti così tanti fedeli».
Diverso il commento della consigliera comunale del Pd Etta Andreella: «Francamente non mi spaventa il numero di così tanti immigrati arrivati in città e in particolare all’Arcella – ragiona l’ex presidente della Consulta Nord – Da anni qui all’Arcella viviamo tutti insieme, la stragrande maggioranza di loro sono assolutamente integrati. In alcuni casi le loro storie mi hanno arricchito. E poi è ora di saper leggere le statistiche: si definiscono stranieri anche i figli degli immigrati, cioè ragazzi che sono nati e cresciuti in Italia e parlano bene sia l’italiano che il dialetto. Tutt’altro che stranieri. Due cose condivido sulla gestione dell’immigrazione: è giusto prestare la massima attenzione affinché all’Arcella non si formino nuovi ghetti ed è giusto aprire nuove case d’accoglienza negli altri quartieri, anche in centro storico».
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