Gelato d'autore
Non circola più, men che mai davanti alle scuole, il carretto dei gelati evocato nella storica canzone di Battisti-Mogol, I giardini di marzo. Il mondo del gelato non è più lo stesso: nei gusti, nel modo di mangiarlo (si consuma tutto l’anno), negli abbinamenti (normale venga servito con le portate principali nei menu di alta cucina). A che punto siamo, ora che comincia la stagione d’oro di coni, coppette e vaschette? Ci piacciono le imprese impossibili: fare la mappa ragionata di tendenze, nuovi gusti e professionisti all’apice, in un Paese come l’Italia, patria del gelato (pare sia nato a Firenze durante il Rinascimento, prima se ne hanno notizie in Sicilia), con consumatori illustri quali Giacomo Leopardi (ne era golosissimo, numerosi gli aneddoti sulle sue scorpacciate di sorbetti a Napoli), converrete espone al rischio di incompletezza. Ma noi ci proviamo.
Si parte da Reggio Calabria, alla corte di Vincenzo Pennestrì, maestro Apei (Ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana, associazione con al vertice Sua Golosità Iginio Massari), perché è presidente dei gelatieri italiani. Ci dà alcune informazioni: «Il prezzo medio al chilogrammo del gelato artigianale in gelateria è intorno a 24 euro, in pasticceria può salire fino a 35. Gli aumenti, nonostante il rincaro di alcuni prodotti, restano contenuti nell’ordine di un euro al chilo, incrementi superiori sono il frutto di speculazioni. Sul trend gusti che dire? Diminuiscono le referenze al banco. C’è più qualità e semplicità, più ricerca di materie prime indiscutibili: caramello salato, fior di latte di bufala, ricotta salata al basilico o cioccolato al latte di bufala».
Continua Pennestrì, che a Reggio Calabria gestisce la cremeria Sottozero e Villa Genoese Zerbi: «Per l’estate puntiamo su gusti che accontentino anche chi segue diete particolari o ha intolleranze. I sorbetti senza latte, quelli alle arachidi ad alto contenuto proteico. E abbiamo molto diminuito la percentuale di zucchero. Un vanto? Il gelato al cioccolato: secondo la guida del Gambero Rosso il nostro è il più buono d’Italia». A Roma spiccano Marta Boccanera e Felice Venanzi, anch’essi maestri Apei, della pasticceria Gruè. Che ti fanno di nuovo? Sposano gelato e maritozzo. Dice Boccanera: «Lo proponiamo con il gelato dolce e la novità del gelato gastronomico che, dopo il successo del gusto basilico e lime, in abbinamento a piatti salati, fa parte dell’offerta. Il maritozzo di punta è tricolore: gelato al pomodoro con datterini, gelato alla robiola e alle zucchine e menta. Altra novità il gelato al panettone, con cubetti di arancia e uvetta australiana. Abbiamo rafforzato la proposta di ghiaccioli in stampi conici, stile Calippo, con gusti di stagione: anguria, melone, fragola, ananas, lampone».
Poteva mancare il contributo di Iginio Massari? Con i suoi 81 anni portati da Dio, dà dei punti ai professionisti molto più giovani. Infatti sono ben nove i gusti dei gelati su stecco Iginio Massari Alta Pasticceria, tra i quali cheesecake al lampone, biancomangiare e frutto della passione, crema, limone, yuzu e zabaione. E aggiunge gelati-biscotto e sorbetti (quest’anno imprenscindibili) in cinque gusti. Il «tocco Iginio» segna l’estate. Sentiamo il parere di Fabrizio Galla, nominato pasticcere 2024, con locale a San Sebastiano da Po (Torino). Dice: «Mi ispiro alla tradizione piemontese con il gusto Bonet, zabaione e nocciola Piemonte Igp. Al piatto propongo il mio affogato: gelato alla vaniglia servito con caffè caldo, lingua di gatto al cacao, cioccolato fondente Santo Domingo 70 per cento, crema alle tre vaniglie, croccante al cacao, fragole, meringa croccante».
Restiamo in zona per il «cannolice», cannoncino classico dell’arte dolciaria piemontese che ad Alessandria, alla pasticceria Zoccola 1820 (la più antica della regione), viene farcito di gelato soft in svariati gusti. Si chiama così perché è invenzione, molto richiesta, di Alice Zoccola, patronne del locale. Abbiamo lasciato per ultimo, ma ultimo non è, un nome d’oro del gelato artigianale italiano: Stefano Guizzetti. Nato a Bergamo nel 1982, prima di scoprire il gelato, alla facoltà parmense di Scienze alimentari, studia Ingegneria gestionale a Brescia. A Parma, dopo la tesi sulla sostituzione degli emulsionanti nel gelato, diventa un gelatiere-scienziato. Con la fissa (da applauso) di non buttare via niente. Con lo slogan «gelato senz’altro», per rimarcare la naturalezza del prodotto.
Il suo brand è Ciacco, nome tratto dalla Commedia dantesca: così si chiama un ghiottone faceto, precipitato dal Sommo Poeta nel girone dei golosi. Pure Boccaccio lo scelse quale protagonista di una novella del Decameron. Con locali a Parma e Milano, presi d’assalto, e sperimentazioni sui fermentati, Guizzetti è un riferimento obbligato per chiunque pratichi l’arte (o scienza?) del gelato. A Milano ha appena aperto un Lab, in una tipografia dismessa del primo Novecento. «Produciamo per noi e sperimentiamo» dice Guizzetti. «La ricerca, in collaborazione con il dipartimento universitario di Parma, è costante. Con attenzione al recupero. Ho fatto il gelato con bucce di mango fermentate e idrolizzate, con foglie di fico, con i cornetti avanzati della prima colazione (ne ho estratto una melassa simile al miele), con l’erba medica, con la cera d’api, con cortecce e pigne. Persino con terra distillata, per non parlare del gelato al formaggio senza formaggio».
Guizzetti stupisce, è un laboratorio vivente. I clienti apprezzano? «I gusti meno consueti valgono il 30 per cento delle vendite, cominciano a pesare sull’incasso. Per il resto, trionfano i gusti pistacchio, gianduia, zabaione». Il consumatore medio va sul gelato classico, tra cui quello al cioccolato cantato da Pupo o il meno richiesto al limon, del poeta-cantautore Paolo Conte. Il mercato, tra gusti tradizionali e sperimentazioni, premi ambiti (Taste Atlas, portale gastronomico di prim’ordine, ha decretato il gelato al pistacchio della gelateria romana Neve di Latte secondo migliore al mondo) e battaglie commerciali, è destinato a crescere. In Italia, primo produttore artigianale d’Europa, ne consumiamo una media annua di 2,8 chilogrammi pro capite, molto meno per esempio della Germania, che si attesta sugli otto. Diventeremo tutti tedeschi? I gelatieri se lo augurano.