L’ex alabardato Costantini: «A Santoni bisognerà dare tempo»
TRIESTE Dopo le ultime esperienze venete, Maurizio Costantini ritorna a Borgo San Sergio, dove ha mosso i primi passi da allenatore: l’ex giocatore e tecnico alabardato sarà il responsabile del settore giovanile della Trieste Academy. Ma la sua esperienza è preziosa anche per un parere autorevole sulle scelte dell’attuale Triestina.
Costantini, come è nato il ritorno a Borgo San Sergio?
«Sono rientrato a Trieste a fine 2023 dopo aver chiuso il rapporto col Vittorio Veneto, andavo a vedere qualche allenamento e visto che con i De Bosichi ho un lungo rapporto avendo iniziato a fare l’allenatore 30 anni fa proprio a San Sergio, mi hanno chiesto se davo loro una mano. Mi sono preso un po’ di tempo per osservare la situazione, poi tre settimane fa ci siamo ritrovati trovando un punto di incontro».
Cosa farà esattamente?
«Mi occuperò del settore giovanile. Insieme abbiamo deciso che non mi occuperò delle due squadre dei grandi, poi ovviamente se chiederanno un parere lo potrò dare. La mia area è dagli Allievi agli Esordienti, con una supervisione poi su tutta la scuola calcio. Naturalmente con altri collaboratori perché i numeri sono importanti. Il mio compito dunque non è in campo, ma dare linee guida e fare da supporto ai tecnici per avere linee e idee comuni».
Il suo obiettivo principale?
«Creare uno spirito bello tale che i ragazzi vengano con entusiasmo, e poi dare loro più conoscenze possibili, visto che saranno i dilettanti del futuro. E se fra i tanti ci sarà qualcuno che ha attitudini e potenzialità per fare qualcosa di più, ben venga. Ci avevo provato già vari anni fa, ma in questa città si fa fatica, tanti pensano solo al proprio orto e c’è stata tanta dispersione».
Pensa che riuscirà a instaurare una collaborazione con questa proprietà alabardata?
«Al momento non lo so. Le giovanili della Triestina si sono allenate a San Sergio fino alla settimana scorsa e ora ci sarà un incontro per fare il punto, ma sul piano delle strutture. Però io credo che bisogna per forza di cose rapportarsi con la Triestina, perché se noi abbiamo bisogno di loro, forse anche loro hanno bisogno di noi. Spero che venga capito che il vantaggio deve essere bilaterale e tutti devono avere il proprio tornaconto».
Ora ci sono suoi vecchi amici nel settore giovanile alabardato: può aiutare?
«Certo, con Strukelj non serve ricordare che ci conosciamo da un bel pò, ma anche Speggiorin lo conosco da tanti anni. Per quanto mi riguarda io non ho mai chiuso le porte a priori, anzi credo che bisogna trovare delle sinergie perché è l’unico modo per far crescere il movimento calcistico a Trieste».
Ora anche la C, e lo ha fatto la Triestina, sembra privilegiare una new wave di allenatori, a discapito dei cosiddetti santoni della categoria: cosa pensa di questo trend?
«C’è questa corsa a nuovi tecnici che sicuramente portano qualcosa di nuovo, perché in effetti il calcio è cambiato e lo so bene che si gioca in maniera diversa e più propositiva. Ma a volta mi sembra una corsa un po’ forzata, fra l’altro ad allenatori che spesso e volentieri partono dall’alto. Alla fine per qualcuno che arriva, tanti altri falliscono».
Quindi il passato non va buttato?
«Niente affatto. Per diventare allenatori non serve solo avere studiato e possedere nuovi strumenti, ma anche sperimentare sul campo quelle dinamiche che impari giorno per giorno. Ora ci sono metodi diversi, programmi con tanti termini inglesi, ma voglio ricordare che noi all’epoca avevamo persone con meno cultura che avevano studiato meno, ma che ci hanno fatto diventare calciatori.».
E della scelta di Santoni che ne pensa?
«Personalmente non lo conosco, Di Carlo ne parla bene e ha fatto vari ruoli in questo percorso di allenatore. Dico solo che arriva in un campionato con dinamiche complicate che vanno conosciute. Anche lui dovrà sperimentare tante cose in tempi brevi, perché tutti all’inizio dicono che bisogna aver pazienza, ma poi sono i risultati che ti danno un mese in più o un giorno in meno. Ma Santoni è giovane e se lo hanno scelto sarà giusto dargli il tempo per farsi conoscere e provare a far valere le sue idee. Xerrà giudicato per quanto farà sul campo».