In fila oltre 400 visitatori alla scoperta di Tergeste e durante gli scavi spunta la bottega di un fornaio
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foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Più di quattrocento visitatori in due giorni e prenotazioni esaurite in poche ore. Se alcuni luoghi comuni cercano di derubricare l’archeologia a materia oziosa e specialistica, le visite al nuovo sito compreso fra via di Crosada e via dei Capitelli – iniziate ieri e previste ancora per la giornata di oggi – ne sono una clamorosa smentita. E, anzi, pongono le basi per il futuro di un’area che, fino all’anno scorso, giaceva abbandonata in uno stato di degrado.
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Gli scavi – finanziati dal Ministero – sono iniziati lo scorso novembre e, dopo una fase preparatoria, hanno già regalato nei primi mesi di quest’anno scorci inediti sul passato di Trieste. A pochi giorni dalla conclusione dei lavori (fissata a luglio, ma è probabile l’apertura di un secondo lotto), la Soprintendenza con le due ditte incaricate – Archeo Test e la società Ara – ha deciso di aprire le porte del cantiere. Una prova generale di ciò che, negli auspici dei soggetti coinvolti, potrebbe diventare la norma negli anni a venire: la trasformazione di Crosada-Capitelli in un grande sito a cielo aperto, fruibile da triestini e turisti. Benché l’orizzonte sia a lungo termine e i dettagli siano tutti da definire.
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Quel che è certo, invece, è l’importanza delle scoperte effettuate negli ultimi mesi, rimaste finora all’oscuro dietro le recinzioni. A rivelarle è Roberto Micheli, funzionario della Soprintendenza e responsabile del sito.
Bisogna fare un salto indietro di duemila anni, risalendo al I secolo dopo Cristo, uno dei massimi momenti di sviluppo dell’antica Tergeste. A quei tempi, la linea di costa era molto arretrata rispetto ad oggi e correva per piazza Cavana, via dei Cavazzeni e via del Teatro Romano. È in questo contesto che si inseriscono parte delle novità emerse dagli scavi.
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Il primo obiettivo del cantiere, infatti, era portare alla luce i resti di età romana, di cui già si conoscevano due frammenti, entrambi del I secolo dopo Cristo: un complesso di quattro colonne in calcare di Aurisina, che costituiva probabilmente un arco e che ora è perfettamente visibile a chi transita nelle vicinanze; e un lastricato, collocato a tre metri di profondità e poco distante da casa Francol, in corrispondenza del quale è stato trovato il basamento di un probabile monumento.
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A partire da queste due coordinate, gli archeologi hanno ipotizzato l’esistenza di una piazza pubblica, abbellita da statue e utilizzata come punto di raccordo fra il porto e il centro urbano di Tergeste. «Non siamo ancora del tutto sicuri riguardo alla piazza», afferma Micheli. In compenso, si è certi della presenza di due strade, poste accanto alla piazza, le cui tracce sono adesso riconoscibili. Esse formano un incrocio; ed è da qui, forse, che deriva l’appellativo “Crosada” (in analogia con il termine croce) assegnato poi alla strada.
Ma a suscitare l’entusiasmo degli esperti sono soprattutto i ritrovamenti della fase tardoantica di Trieste. Il secondo obiettivo dei lavori riguardava, per l’appunto, le mura tardoantiche della città, erette nel IV secolo dopo Cristo. Non solo è stato ricavato il loro profilo, ma si sono ritrovate una serie di strutture che afferiscono alla Trieste di quell’epoca.
Fra queste c’è un edificio, il cui perimetro è facilmente individuabile, utilizzato quasi sicuramente come abitazione. E ci sono, poi, i resti di una bottega di fornaio: con tanto di bancone rialzato per la vendita del pane e di forno a cupola. Grazie alle illustrazioni preparate per le visite, è possibile ricostruire un tassello di vita quotidiana della Trieste del IV secolo dopo Cristo. «Non ci sono nei dintorni altri siti di quell’epoca – commenta Micheli – che abbiano la stessa estensione».
Infine, la storia. Perché il confronto fra la Trieste del I e del IV secolo dopo Cristo testimonia di un passaggio culturale che ha lasciato segni tangibili sul tessuto urbanistico: «Le strade romane sono perfettamente conservate – dice Micheli – mentre nella fase tardoantica si accumulano le macerie». Dalla funzione anche simbolica della piazza in epoca romana, si passa a un uso esclusivamente commerciale e residenziale.