Le filastrocche e i giochi di Trieste rivivono nelle scuole grazie a due mamme
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foto da Quotidiani locali
TRIESTE Nei ricordi di molti triestini risuonano filastrocche e cantilene dialettali, marcate dal timbro di voce di un nonno, un genitore, un maestro. Spesso, però, mentre il pensiero corre indietro nelle memorie, le parole tendono a dissolversi e il ritmo rimane imbrigliato in sequenze anonime. Si resta perciò in uno stato di sospensione, incapaci di mettere a fuoco il passato.
Non è stato così per Micaela Iasnig e Silvia Ambrosi, che di quelle filastrocche e cantilene tipicamente triestine sono oggi diventate divulgatrici. La loro storia, però, è tutt’altro che lineare e per raccontarne i recenti sviluppi bisogna riavvolgere il nastro, risalendo agli anni Novanta.
È in quel periodo, infatti, che Micaela e Silvia si sono conosciute, grazie ai figli coetanei iscritti alla stessa scuola. Come di frequente accade a una madre o a un padre, la giovinezza dei figli diventa l’occasione per ripensare la propria. Affiorano immagini rimaste nell’ombra da anni, insegnanti amati o temuti, amici dimenticati. E riemergono anche i giochi di infanzia, le filastrocche o tutte quelle esclamazioni dialettali che nel frattempo non si utilizzano più.
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«Appena conosciute, abbiamo iniziato a raccontarci a vicenda alcuni passaggi della nostra infanzia», ricordano oggi Micaela e Silvia, quando i figli sono ormai adulti. «L’esigenza di trascrivere “i gioghi de una volta” – continuano – è comparsa spontaneamente, perché era l’unico modo per evitare che andassero perduti».
Quattro o cinque mesi dopo essersi presentate l’una all’altra, Micaela e Silvia iniziano la loro accuratissima opera di catalogazione. «Non pensavamo a un libro – precisano –. Per noi era soltanto un modo di andare indietro nel tempo, di rivivere la nostra infanzia». Dentro alle loro pagine finisce di tutto: ricette, leggende, modi di dire, numeri della tombola.
Il catalogo ha un nome: “Pianzoto Pestapevere”, la cantilena che «ogni nonno intonava per calmare un bambino quando piangeva». Allo scavo nel passato si uniscono parenti e amici: «La cosa più bella – commentano – era vedere che molte persone si ricordavano solo in quel momento dei giochi d’infanzia».
Per quasi vent’anni la raccolta stilata da Micaela e Silvia rimane nelle loro scrivanie, per quanto, come detto, riesca comunque a raggiungere conoscenti vicini e lontani. Nel 2019, i tipi della Luglio Editore si interessano al lavoro e lo pubblicano. Ma la «svolta vera» deve ancora arrivare.
Perché dietro allo slancio di Micaela e Silvia si è da sempre celata una forte nostalgia. Non tanto personale, quanto suscitata dalla constatazione che «alcuni giochi e filastrocche, oggi, non esistono più». In molte case non solo non si tramandano quei repertori, ma non si parla nemmeno il dialetto triestino. Mentre anche «i bambini giocano di meno – osservano – oppure giocano tutti agli stessi giochi».
A questo punto entra in scena Elena Cerkvenič del Centro italiano femminile. Grazie a lei, da qualche mese i giochi e le filastrocche compilate da Micaela e Silvia hanno fatto il loro ingresso nelle scuole: il 16 maggio all’istituto canossiano di via Rossetti e il 3 giugno alla scuola media Divisione Julia. «La maggior parte dei ragazzi – sorridono – non conosceva neanche uno dei giochi proposti».
I ricordi di Micaela e Silvia stanno così colmando un vuoto che, altrimenti, difficilmente sarebbe stato riempito. Diventando tutrici di un mondo tanto prezioso quanto fragile come quello delle favole.