Ganebo, l’informatica arrivata dall’Etiopia che lavora per battere la malaria con l’IA
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che lavora per battere la malaria con l’IA](https://www.gedistatic.it/content/gnn/img/ilpiccolo/2024/06/25/162119389-9403c8e2-06d5-467c-ab34-b91f61451022.jpg)
foto da Quotidiani locali
TRIESTE È arrivata in Italia dall’Etiopia, grazie al programma di visite di cooperazione alla ricerca Twas-Sissa-Lincei, con un obiettivo ben preciso: sfruttare l’intelligenza artificiale per sviluppare un modello in grado di prevedere la diffusione della malaria tra la popolazione in base alle condizioni climatiche e alla situazione demografica, partendo da dati non automatizzati.
Si chiama Fetenech Meskele Ganebo ed è un’informatica, preside della Scuola di Informatica dell’Università Wolaita Sodo, nel sud dell’Etiopia, con competenze specifiche negli strumenti di apprendimento automatico.
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Per portare avanti la sua ricerca, la scienziata ha frequentato l’Università di Trieste per tre mesi, lavorando insieme a Sylvio Barbon Junior, professore associato al dipartimento di Ingegneria e architettura. E durante la sua permanenza le è stato anche assegnato il premio Spiga di grano dall’associazione culturale Cinzia Vitale Onlus, un riconoscimento alla sua determinazione e al suo impegno scientifico.
Secondo il Rapporto 2023 dell’Oms, nel 2022 sono stati stimati 249 milioni di casi di malaria in 85 Paesi dove la malattia è endemica, con 608 mila decessi. E l’Etiopia è uno dei tre Paesi africani che hanno sofferto maggiormente di infezioni da malaria nel 2022, insieme a Nigeria e Uganda. «A quattro mesi ho preso la malaria, così come tutta la mia famiglia – racconta Ganebo –. È una malattia molto comune in Etiopia, che ha portato alla morte di tante persone ed è ormai endemica. I bambini sono tra le vittime più vulnerabili, perché non hanno ancora sviluppato una parziale immunità. Ma l’impatto sulla salute delle persone può variare molto, la questione è molto complessa».
Cosa si propone di fare con i suoi studi?
«Voglio determinare l’importanza gerarchica dei diversi fattori di rischio e di elementi come la temperatura, l’altitudine e i vettori della malaria, e confrontarli con la cause specifiche di morte, così da poter sviluppare dei modelli che, grazie ad approcci di apprendimento automatico, consentano di fare previsioni sul fenomeno e mettere così a punto contromisure specifiche».
Quanto incidono i cambiamenti climatici sulla diffusione della malattia?
«La malaria è fortemente legata ai cambiamenti climatici. Negli anni piovosi, le zanzare sono più abbondanti e si diffondono maggiormente. Ma anche negli anni secchi la situazione non migliora, perché la mancanza di pioggia ha un impatto sull’agricoltura e meno cibo significa che le persone sono più deboli e più vulnerabili. Perciò il primo step è capire come identificare i dati nascosti e significativi sulla malaria, così da poterli usare per una migliore previsione dell’andamento delle infezioni».
Obiettivi a lungo termine?
«Una volta perfezionata questa tecnica, vorrei applicarla in Etiopia creando un protocollo di sorveglianza regionale per supportare i sistemi sanitari nella gestione delle strategie di controllo delle zanzare e nell’allocazione delle risorse».
Su quali dati si basano i suoi modelli?
«Al momento sono basati su dati raccolti manualmente, da oltre 450. 000 pazienti tra il 2021 e il 2023. È chiaro che automatizzare la raccolta dati e la gestione dei servizi dei centri sanitari etiopi aumenterebbe di molto l’efficienza, l’accuratezza e la quantità di informazioni a disposizione, garantendo una migliore assistenza ai pazienti».
In questi tre mesi a Trieste cosa è riuscita a fare?
«Insieme a Sylvio Barbon Junior sono partita dalla digitalizzazione dei dati raccolti manualmente nella regione di Wolaita, dove vivo. Quindi ho sviluppato degli algoritmi di apprendimento automatico per prevedere l’insorgenza della malattia: si tratta di regole o processi utilizzati dai sistemi di intelligenza artificiale per scoprire nuovi modelli e ottenere nuove intuizioni all’interno di dati non organizzati».
Il suo sogno nel cassetto?
«Voglio approfondire la mia formazione per diventare un punto di riferimento per questo tipo di analisi in Etiopia. Perciò sto cercando una borsa di studio per conseguire un dottorato di ricerca a Trieste». —
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