Macron prova la “mossa Mattarella”: “Lascio tempo ai partiti per mettersi d’accordo, serve un ampio rassemblement solido e plurale”
“Nessuno ha vinto” e l’unica soluzione è una grande coalizione: detto in francese un large rassemblement. Sono queste le esatte parole con le quali il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, in una “lettera ai francesi“, immagina il prossimo governo. Il capo dell’Eliseo, in questa prima uscita formale dopo le elezioni parlamentari dalle quali è uscito uno stallo alla messicana, sembra escludere al momento la strada di un governo di minoranza. “Nessuna forza politica ha da sola la maggioranza sufficiente – scrive Macron – e i blocchi o coalizioni prodotti da queste elezioni sono tutti minoritari”. Però indica una possibile via: un’alleanza che si riunisca sotto l’ombrello del fronte repubblicano, il barrage democratico che si è accordato per contrastare l’estrema destra di Marine Le Pen. “Divisi al primo turno, uniti dalle desistenze reciproche al secondo, eletti grazie ai voti degli elettori dei loro ex avversari – scrive ancora il presidente francese – solo le forze repubblicane rappresentano una maggioranza assoluta. La natura di queste elezioni, segnate da una richiesta chiara di cambiamento e di condivisione del potere, li obbliga a costruire un ampio ‘rassemblement’“.
Con un tono di chi si mostra fuori dai giochi politici Macron scrive ai concittadini che “poniamo la nostra speranza nella capacità dei nostri responsabili politici di dar prova di senso della concordia e di pacificazione nel vostro interesse e in quello del paese. Il nostro paese deve poter far vivere, come fanno tanti nostri vicini europei, questo spirito di superamento che ho sempre auspicato con tutto me stesso. Il vostro voto impone a tutti di essere all’altezza del momento. Di lavorare insieme. Domenica scorsa, voi avete chiesto l’invenzione di una nuova cultura politica francese. Per voi, io veglierò. Nel vostro nome, ne sarò il garante”.
Da qui la richiesta del presidente della Repubblica “a tutte le forze politiche che si riconoscono nelle istituzioni repubblicane, lo stato di diritto, il parlamentarismo, un orientamento europeo e la difesa dell’indipendenza francese, di avviare un dialogo sincero e leale per costruire una maggioranza solida, necessariamente plurale, per il paese”. Macron dice che darà “più tempo” alle forze politiche per trovare questa intesa che, va detto subito, sulla carta sembra impossibile: una strategia “italiana” di lasciare decantare la situazione, alla quale è dovuto ricorrere più volte il capo dello Stato Sergio Mattarella nella scorsa legislatura. Per questo il presidente della Repubblica ha respinto le dimissioni del premier Gabriel Attal. Tanto più che dal 26 luglio Parigi sarà sotto gli occhi di tutto il mondo visto che quel giorno è in programma la cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici. Il capo dello Stato ha chiarito che nominerà un primo ministro solo dopo che le forze repubblicane avranno “raggiunto un compromesso” nel rispetto di “alcuni grandi principi per il Paese”. In questo tempo di attesa i partiti potranno “costruire compromessi con serenità e rispetto per tutti”. Nel frattempo e “fino ad allora”, ha spiegato, “l’attuale governo continuerà a esercitare le proprie responsabilità e poi si occuperà degli affari correnti come richiede la tradizione repubblicana”.
Un “large rassemblement” da Ensemble – la sua coalizione – a La France Insoumise (guidata da Jean-Luc Mélenchon), visto da qui, sembra fantascienza. E se tutti finora hanno scommesso più di un euro sullo sfaldamento della coalizione di sinistra per la formazione di un grande centro che possa formare una nuova maggioranza politica moderata (dai socialisti ai macroniani fino ai repubblicani neogollisti di centrodestra), al momento alcuni messaggi vanno in direzione molto diversa. I quattro leader dei partiti del Nuovo Fronte Popolare (oltre a Lfi, socialisti, verdi e comunisti) hanno firmato un comunicato congiunto al presidente per “rivolgersi verso il Nfp per consentirgli di formare un governo, in conformità con la consuetudine repubblicana in periodo di coabitazione”. In sostanza formalizzano la richiesta di far tentare un governo di minoranza che vada a cercarsi i voti anche davanti all’Assemblea.
Più problemi sembrano esserci dentro Ensemble, l’alleanza che rappresenta la (ridotta) maggioranza cosiddetta presidenziale. Una parte dei deputati di Renaissance (macronisti “puri”) si dicono in un documento diffuso oggi favorevoli ad una “coalizione di progetto che vada dai socialdemocratici alla destra di governo”. In sostanza dicono fuori dai denti quello che Macron non può dire: la nuova maggioranza di governo si dovrebbe formare escludendo La France Insoumise di Mélenchon. “E si adoperano – si legge in un documento – con determinazione e sincerità per una coalizione di progetto che vada dai socialdemocratici alla destra di governo”. Ma dentro la galassia di parlamentari che sostengono l’inquilino dell’Eliseo la situazione è molto fluida. Le Monde ha raccontato di una spaccatura “imminente”. C’è un’ala destra della coalizione, guidata dal ministro degli Interni Gerald Darmanin, a cui piacerebbe un’alleanza esclusivamente con i Repubblicani. Lo stesso ministro ha detto oggi di non poter accettare un governo non solo con Mélenchon, ma nemmeno con le ambientaliste Sandrine Rousseau e Marine Tondelier, quest’ultima una delle rivelazioni della campagna elettorale.
Dall’altra parte alcuni esponenti eletti con la coalizione di Macron hanno già dichiarato che preferirebbero guardare verso sinistra. Anzi, la deputata Stella Dupont parla esplicitamente di voler creare un gruppo “socialdemocratico” separato dalla Renaissance del presidente. Sacha Houlié, ex presidente di commissione, in un’intervista ha detto che non siederà nel gruppo macroniano perché si sente “vicino” a Raphaël Gluksmann, socialista, nuova figura del centrosinistra. Stesso concetto è espresso dal centrista liberale François Bayrou che vorrebbe un accordo con tutti tranne che con Insoumise, aprendo un tavolo “dai socialisti ai comunisti”.
E Mélenchon? Anche oggi ha lanciato diversi messaggi, anche verso l’Eliseo. Sottolinea per esempio che “nelle democrazie parlamentari, il voto ha una certa importanza” e quindi Macron dovrebbe tenerne conto anche nella prossima nomina francese in Commissione europea (in cima alla lista del presidente c’è l’uscente Thierry Breton che dovrebbe diventare vice di Ursula Von Der Leyen). Però rassicura, dall’altra parte, sulla sua visione del rapporto tra Parigi e Bruxelles: “Siamo abbastanza capaci e intelligenti per capire che non abbiamo alcun interesse ad uno scontro frontale con una istituzione capace di tutto come la Commissione europea – dichiara sibillino – Esiste un solo modo per risolvere il problema del deficit eccessivo che è aumentare le entrate: vi posso dire che non ci sarà una spesa nuova, mi impegno qui davanti a voi a nome della coalizione” sul fatto che “non vi sarà nuova spesa che non sia coperta da entrate aggiuntive. Tra queste: il ripristino della tassazione progressiva sui patrimoni, la modifica degli aiuti concessi alle imprese, che arrivano alla bella cifra di 223 miliardi di euro all’anno“.
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