Wimbledon donne, Day 11: l’impresa di Paolini, il legame terra rossa – erba e il ricordo di Jana Novotna
Le semifinali del Day 11 di Wimbledon 2024 hanno emesso il verdetto: la finale sarà Jasmine Paolini contro Barbora Krejcikova.
Dunque il massimo torneo su erba vede approdare all’incontro più importante due giocatrici che si sono fatte conoscere al vasto pubblico grazie alle loro imprese sulla terra rossa di Parigi. Paolini con la finale raggiunta al Roland Garros appena poche settimane fa, Krejcikova con la vittoria del 2021 nello stesso Slam.
Del resto il passaggio dal rosso al verde non è una novità assoluta qui a Londra. Anzi nelle ultime stagioni abbiano assistito ad altre ottime prestazioni da parte di campionesse del Roland Garros. Sempre con Parigi a fare da apripista e Wimbledon come Slam successivo. Qualche nome: Muguruza (vittoria a Parigi 2016 e poi a Wimbledon 2017) Halep (Parigi 2018, Wimbledon 2019), Barty (Parigi 2019, Wimbledon 2021) Vondrousova (finale a Parigi nel 2019, vittoria a Wimbledon 2023).
Oggi andremmo fuori tema se provassimo ad analizzare in profondità tutto ciò, ma in qualche altre occasione uno spunto di riflessione penso lo meriterà. In ogni caso, comunque andrà la finale, avremo la replica di un pattern abbastanza consolidato. Evidentemente Jasmine si augura la ripetizione della vicenda di Vondrousova, mentre Barbora quella delle altre campionesse citate.
I due incontri di semifinale sono andati entrambi al terzo set, e sono stati entrambi combattuti, ma naturalmente l’intensità vissuta nel match di Paolini (concluso addirittura al tiebreak 10-8 al termine della semifinale più lunga della storia di Wimbledon al femminile) è stata molto superiore. Per il dettaglio della partita rimando alla cronaca, qui aggiungo qualche considerazione sparsa.
Cominciamo col dire che non è stata la migliore prestazione di Jasmine a Londra, e che in generale il match non vanta dati scintillanti. Il saldo Vincenti/Errori non forzati negativo di tutte e due (Paolini -6, Vekic -15) lo conferma, ma a questo proposito bisogna ricordare che tutte le giocatrici venivano da partite indoor. E quindi una volta che la giornata di sole ha consentito di non usare il tetto, qualche ripercussione era inevitabile. Addirittura Paolini aveva giocato tutto il suo torneo con il tetto chiuso, e quindi il problema delle condizioni all’aperto (oggettivamente più “tricky” dell’indoor) è stato ulteriormente amplificato dal fatto che per lei si trattasse di una prima volta. E non è quindi un caso che abbia servito peggio del solito, come ha dichiarato lei stessa.
Insomma, se sul piano tecnico non è stato il match del torneo, di sicuro lo è stato su quello agonistico. Quasi tre ore di lotta capaci di coinvolgere totalmente il pubblico. Jasmine ha confermato di attraversare un momento di fiducia granitica in se stessa, perché dopo un primo set nel quale Vekic sembrava avere tutto sotto controllo, non era semplice rimanere attaccata al match. Ha resistito nell’attesa di un passo falso di una avversaria che ha ceduto per la prima volta il servizio solamente nell’ultimo game del secondo set.
Una nota anche sulle questioni tattiche. Perso il primo set, Paolini ha in parte aggiustato il piano partita, smettendo di affidarsi alla massima aggressione possibile, e cercando di variare di più il gioco: sia nei colpi al rimbalzo che facendo ricorso allo schema drop-shot + lob. Forse Jasmine pensava di mettere più in difficoltà Donna attraverso i suoi colpi più potenti, ma Vekic ha uno storico contro le grandi colpitrici che avrebbe dovuto metterla in allarme: Donna sulle palle più pesanti si esalta, e ha la capacità di assorbire e rilanciare praticamente qualsiasi cosa. Tanto è vero che, per esempio, è in vantaggio negli scontri diretti con Sabalenka (addirittura 6-2, con 5 match conclusi al terzo set, spesso autentiche battaglie).
Dopo il primo set, Jasmine ha capito che non doveva esagerare con la pressione; però non poteva nemmeno lasciare l’iniziativa in mano alla avversaria: difficilissimo trovare il giusto dosaggio nelle alternative. Lei ci è comunque riuscita, e in questo ha saputo mettere in campo una operazione di “farmacia” tennistica che non va sottovalutata.
D’altra parte il match ha anche dimostrato quanto lottatrice possa essere Vekic. Ma non lo scopriamo certo oggi. Non bisogna farsi ingannare dal suo linguaggio del corpo: a volte sembra trascinarsi fra un quindici e l’altro, ma quando la palla è in gioco dimostra tenacia assoluta. Per lei non sarà facile digerire questa sconfitta non solo per l’enorme occasione che valeva, ma perché ha concluso la partita avendo fatto più punti di Jasmine (118 a 111) e perché quando si perde 10-8 al tiebreak finale significa che si è davvero uscite sconfitte per un capello.
Bisogna anche sottolineare che nel terzo set Donna serviva per seconda e quindi nei game finali ogni palla break equivaleva a un match point; per ben due volte (la seconda al termine di un grande scambio) è stata capace di salvarsi rimandando la conclusione al tiebreak.
Ricordo che nell’ultimo Slam, a Parigi, Vekic è uscita al secondo turno dopo avere subito un’altra sconfitta bruciante e lottatissima: vinto 6-0 il primo set contro Olga Danilovic, ha perso i due successivi per 7-5, 7-6 (con il tiebreak finale 10-8). Match che ho seguito nella parte finale e che aveva coinvolto il pubblico di Parigi quasi come quello di Londra.
In diverse interviste Donna ha detto che quella amarezza francese per lei ha funzionato come motivazione per ripartire ancora più convinta, e quindi le auguro accada altrettanto dopo questa sui prati inglesi.
Una cosa infine su di lei possiamo dirla: ha dimostrato che vale ben altra classifica rispetto alla posizione n. 37 attuale, e se potrà giocare sana con continuità, cosa che nelle ultime stagioni non è praticamente mai accaduta, tornerà a salire nel ranking.
Tutto sommato più semplice da analizzare il secondo match, terminato 3-6, 6-3, 6-4 per Krejcikova sulla favorita Rybakina (QUI la cronaca).
Rybakina è partita meglio, anzi è partita benissimo (4-0 e servizio nel primo set) ma poi, invece che affondare il colpo per “uccidere” (tennisticamente parlando) una avversaria in chiara difficoltà, ha dilazionato la conclusione del set. Prima perdendo la battuta da 40-30, poi mancando un clamoroso set point (colpo al rimbalzo a un metro dalla rete) nel turno di risposta. E così ha sì finito per vincere il primo set, ma nel frattempo ha permesso a Krejcikova di uscire dal buio di inizio match e iniziare a prendere le misure.
A poco a poco Barbora ha cominciato a rispondere e a servire meglio, a sviluppare con più efficacia anche le soluzioni in uscita dal servizio e così nella seconda parte di match è stata lei a guidare il punteggio. Con il servizio di Elena che non era più un fattore dominante, era quasi inevitabile che la partita prendesse la strada della Repubblica Ceca.
Nell’intervista di fine match Krejcikova, la campionessa dello Slam su terra, ha però voluto sottolineare che la prima grande maestra che ha avuto, quella che per prima ha creduto in lei è stata Jana Novotna.
Novotna, grande tennista da erba, prematuramente scomparsa, è una giocatrice che ha un posto speciale nel cuore di tanti appassionati per come ha prima perso e poi vinto a Wimbledon. Barbora lo ha ricordato e si è anche commossa, e in fondo con le sue parole ha commosso un po’ tutti noi.