Orio, la legna dissequestrata arriva alla Corte di Cassazione
Orio Canavese
Tutto è cominciato nel mese di gennaio, quando la legna tagliata sulla collina di Orio è stata posta sotto sequestro dalla procura di Ivrea. Sei mesi dopo la vicenda è arrivata fino in Cassazione. Già a fine marzo, infatti, il tribunale del Riesame di Torino aveva dissequestrato il legname, trovando le argomentazioni della pm Valentina Bossi «eccessivamente formalistiche».
Ad accorgersi del taglio sulla collina, nelle vicinanze del parco dell’ex Preventorio, era stato il circolo di Legambiente di Caluso. Era intervenuta subito la sindaca Sara Ponzetti, che non sapeva nulla del taglio: «Il Comune – aveva detto – non ne era al corrente. Come è noto il parco è di proprietà dell’Inps che due anni fa ne aveva affidata la gestione e la manutenzione ad una ditta attraverso un bando pubblico. Ma l’abbattimento degli alberi dovrebbe essere regolamentato da un piano di taglio che tenga conto del valore del patrimonio arboreo redatto da un agronomo».
Ecco, qui s’inserisce uno dei motivi del sequestro operato dalla procura di Ivrea. Perché, nota la pm, l’area per cui era stata chiesa l’autorizzazione era un’altra. E non quella oggetto dell’intervento. L’avvocato difensore Enrico Scolari, nella sua memoria, e il tribunale del Riesame di Torino, aveva già riconosciuto che la pm aveva ragione, ma aveva anche obiettato che si trattava di un mero errore sulle aree mappali commesso dall’agronomo nella comunicazione. E poi che l’autorizzazione non era stata chiesta dal titolare della ditta Agrifor di San Giorgio, ma da suo fratello. Così, la pm ha deciso di ricorrere in Cassazione.
I supremi giudici, però, lo scorso 10 luglio hanno dichiarato inammissibile il ricorso. Anche il sostituto procuratore generale Giuseppe Riccardi, che in aula avrebbe dovuto sostenere l’accusa, ha concluso che il ricorso era infodato. «L’area interessata - si legge nelle conclusioni - si trovava nell’effettiva disponibilità giuridica del fratello dell’imputato, in virtù di regolare contratto d’affitto. La comunicazione semplice, validamente effettuata dall’imputato in quanto soggetto professionalmente qualificato, non richiede che ci sia l’identità tra il soggetto titolare della disponibilità dell’area ed il soggetto che presenta la comunicazione».
Il sequestro aveva tenuto fermi per un paio di mesi circa 4mila quintali di legna, materiale che vale circa 30mila euro sul mercato per l’operatore forestale: «Siamo contenti del risultato ottenuto che ci ripaga dei sacrifici e del lavoro che abbiamo fatto, che è stato molto», aveva spiegato Bruno Fulvo, che aveva subito il sequestro.
In sostanza la difesa di Fulvo ha sostenuto in giudizio che l’uomo avesse un regolare contratto con l’Inps per operare in quell’area. Inoltre quel pezzo di collina non si troverebbe sotto vincolo paesaggistico perché fuori dalle pertinenze considerate del preventorio. Nei giorni precedenti si sarebbe appoggiato a un tecnico agronomo per fare regolare domanda per l’abbattimento alla Regione Piemonte.
Dopo il sopralluogo i carabinieri forestali avevano applicato il sequestro disposto dalla procura. Che però il collegio del tribunale del Riesame presieduto dal giudice Stefano Vitelli ha annullato mercoledì 20 marzo.