Tra musica, arte e fumetto il post modern di Walter Bortolossi
Ho conosciuto Walter Bortolossi a metà degli anni ’90 ad una delle Fiere dell’Arte che si organizzavano a Pordenone, dove avevo presentato la mostra collettiva “I baffi alla Gioconda” o forse a una delle inaugurazioni nelle gallerie del territorio dove circolavano artisti, critici che fanno parte della storia recente dell’arte contemporanea della nostra regione almeno.
Abbiamo collaborato insieme nel 2000 al progetto “Cyberinterazioni. Creatività giovanile e nuove tecnologie” di Piermario Ciani, uno dei principali motori e pensatori che ci ha purtroppo lasciati troppo presto.
Racconto questo per fa capire la dimensione e la collocazione del lavoro artistico di Walter Bortolossi che continua ininterrotto fino ad oggi, portato avanti con coerenza e mantenendo intatte le premesse teoriche ed estetiche di una ricerca quindi non casuale o estemporanea.
La mostra allestita fino al 21 luglio al Paff! di Pordenone nasce da una concomitanza con un evento musicale il Blues Festival. Non a caso una delle radici che restano tra le più vitali nel pordenonese è proprio l’ambito della musica che sembra trascinare e spingere tutte le altre arti.
Bortolossi risponde quindi a suo modo, quasi naturalmente a questo input, avendo una sensibilità e un interesse che lo vede gravitare naturalmente in quest’orbita.
La mostra propone alcune opere che facevano parte del suo archivio personale, e opere nate proprio per questa occasione. In particolare segnalo “Alice Cooper. Shock Rock” che fa da “manifesto” della mostra.
Costruire e ricostruire il suo mondo “alla maniera di Walter Bortolossi”, sembra rispondere a molte delle sue stesse peculiarità, cioè un gusto kitsch, ereditato dal Post Moderno, da cui proviene concettualmente, e una passione quasi da “cartellonista” americano, che mette insieme come in una unica storia nei suoi dipinti, tante altre storie del passato e del presente, personaggi, citazioni di eventi anche che vengono miscelati come in un frullatore visivo temporale in una rappresentazione del tutto soggettiva e originale.
Ecco che molti dei simboli dell’istrionico artista Alice Cooper finiscono per essere subito resi iconici nelle tele di Bortolossi, specialmente il carattere satanico reificato dal boa nero che porta al collo.
Compaiono tra le costellazioni di rappresentazioni che vengono evocate dall’artista, oltre dal ritratto di Cooper che campeggia centrale, anche le associazioni con Screaming’ Jay Hawkins, o con i carri dei venditori dei fantomatici guaritori dell’America di fine Ottocento o ancora un altro musicista come Arthur Brown con la sua celebre “Fire” che, durante la performance indossa una maschera-elemetto infuocata.
Questi solo alcuni degli elementi che pullulano nella tela e nelle tele dell’artista udinese che nella mostra hanno a che vedere con altri miti del rock, come Elvis Presley o Amos Milburn.
E, infatti, anche solo descrivendo il processo e la sua manifestazione delle opere di Bortolossi, capiamo quanto siano vicine anche al mondo del fumetto, luogo in cui il Paff! è giustamente sede ospitante.
La vocazione Post Moderna aveva a che fare con più discipline ed esprimeva l’essenza di una specie di esaltante viaggio nelle espressioni della cultura di massa, quindi appunto il fumetto, l’illustrazione, la grafica, il rotocalco… certamente la musica e le arti.
Una spettacolarizzazione che gli artisti hanno cercato di rappresentare nella modalità anche bizzarra e spettacolare appunto come vediamo proposta dall’attuale mostra di Walter Bortolossi che ci accoglie con un quadro rotante al suo ingresso.
Mi sembra interessante far notare come ancora da quel movimento si possa identificare una sua caratteristica di contaminazione non solo ideale. Vediamo le opere e la mostra in dialogo aperto con il contesto e quindi a loro modo sempre aperte, se vogliamo citare uno dei testi base che circolavano in quegli anni, “Opera Aperta” di Umberto Eco.