Rivarolo, una grana da mezzo milione di euro
Rivarolo Canavese
La prima vera e imprevista grana per la nuova amministrazione composta dal ticket Martino Zucco Chinà e Marina Vittone arriva dal passato. E ricade pesantemente nel presente sotto forma di una potenziale richiesta danni da mezzo milione di euro, già formalizzata, che scaturisce da un contrasto con il Consorzio irriguo dei campi agricoli. Cosa è accaduto?
I termini della vicenda sono piuttosto complessi. Tra verbali di consiglio comunale, lettere, intimazioni e ricorsi legali si arriva alla bellezza di 12 documenti per oltre 500 pagine fitte fitte. Ma si possono sintetizzare in pochi punti.
Il primo, quello di partenza: la città di Rivarolo aveva un piano comunale di protezione civile dove il soggetto responsabile è il sindaco unitamente alle strutture comunali e, laddove vi siano, ai volontari. E sin qui tutto fila liscio. Ragionevole pare la decisione di adottarne uno nuovo e più aggiornato, come tra l’altro impone la legge. Su questo pesa sicuramente la vicenda della morte di Guido Zabena, l'operaio di Favria annegato nel sottopasso tra Rivarolo e Feletto nel luglio del 2018. Il procedimentopenale si è chiuso poco prima delle elezioni con l'assoluzione di tutti e cinque gli imputati mentre in primo grado il tribunale di Ivrea aveva condannato il sindaco Alberto Rostagno per omicidio colposo, a 12 mesi, con gli assessori Francesco Diemoz e Lara Schialvino, il capo della polizia locale Sergio Cavallo e l'ex capo ufficio tecnico Enrico Colombo.
Una vicenda che ha traumatizzato l’ex amministrazione (al cui fianco scesero tutti i sindaci della zona e l’Anci, Associazione nazionale dei Comuni italiani) e da qui la comprensibile volontà di massimo rigore e tutela per il futuro in tema di sicurezza e protezione civile. Ma da qui si passa alla seconda parte, quella che vede entrare in campo consulenti e avvocati. Tra i soggetti gravati da oneri e responsabilità appare, per la prima volta, il Consorzio irriguo dei campi agricoli, ma in realtà sono gli agricoltori di Rivarolo.
Paladini dell’esonerare il Consorzio, e soprattutto gli imprenditori agricoli di Rivarolo, dal pesante onere finanziario e dalla responsabilità furono i consiglieri dell’allora minoranza Fabrizio Bertot e Aldo Raimondo che nella seduta del consiglio comunale del 19 aprile 2024 (l’ultima della legislatura del sindaco Alberto Rostagno), fecero fuoco e fiamme per convincere la maggioranza che quella decisione - a parer loro - era insensata.
«Questa vostra forzatura finirà davanti al Tar. È una mossa perdente. E i costi li pagheranno i cittadini oltre ai consiglieri comunali - fecero mettere a verbale Bertot e Raimondo - Anche un bambino comprenderebbe che non si possono equiparare enti di diritto pubblico con enti di diritto privato e il consorzio raccoglie agricoltori che si sono consorziati, appunto, per la gestione delle acque. Ed è un ente privato. Avete preso un abbaglio e sarà il Tar a confermarlo». La delibera venne fatta comunque. Il Consorzio la etichettò come erronea e si affidò all’avvocato Danilo Pastore, del foro di Ivrea che ha chiamato in causa, con un ricorso articolato e puntuale il Tar chiedendo 500mila euro per tutto quello che il Consorzio spenderà per allestire e mantenere una macchina complessa al posto del Comune. Il ricorso al Tar sarà discusso davanti alla seconda sezione l’11 settembre.
Le implicazioni politiche non fanno parte del ricorso, ci mancherebbe, infatti l’avvocato Pastore, autore del poderoso documento precisa come: «Sia stato necessario argomentare ogni singolo aspetto tecnico e giuridico della vicenda» mentre la soluzione più immediata, per evitare un danno erariale, per il Comune sarebbe annullare la delibera e riscriverla con tutte le parti in causa.