Ecco “Ma la movida?”, mostra provocatoria di Iucu a Sottovento
PAVIA. Nelle cartoline in bianco e nero via Porta, con le sue torri medievali, è sempre ritratta deserta. Nei racconti di Mino Milani spesso la nebbia e il silenzio ovattano la città. E negli anni Settanta monsignor Cesare Angelini scriveva: «Vicino a una città di traffico violento e di crescita furiosa come Milano, Pavia è ancora una nota nostalgica, l'eco di un paese tranquillo...».
Eh si, un posto tranquillo. Sarà forse per questo – si chiede provocatoriamente Iucu – che rumore, schiamazzi, disturbo della quiete serale sono da diversi anni il casus belli tra cittadini e amministratori? E che gli studenti, corteggiati perché affittino le case e spendano i loro soldi in città, diventano invece un problema dopo le 20?
Prova a lanciare il sasso nello stagno con una mostra dal titolo Ma la movida? aperta all’osteria letteraria Sottovento, in via Siro Comi a Pavia, dove rimarrà allestita fino al 22 settembre.
«Nessuna inaugurazione, organizzerò invece un finissage – dice lucu – al quale vorrei partecipassero il sindaco e gli assessori interessati, oltre al pubblico, per discuterne insieme».
Una mostra non canonica, fatta di suggestioni: immagini allegoriche, dipinte su supporti di recupero, introdotte da una sorta di manifesto, un testo iniziale di grandi dimensioni che accoglie il sisitatore che giustificherà le intenzioni del progetto.
«Un progetto che penso abbia un senso con il momento dell’anno che stiamo vivendo – spiega Iucu – In estate, soprattutto in agosto, la città si svuota. Ed è frequentissimo sentire un pavese che esclama “Come mi piace Pavia così deserta! Mi sembra abbastanza emblematico e forse ha origini lontane».
Ma la movida? ha un sottotitolo: analisi storica e visiva di una città dall’immaginario silente. Iucu pensa alle fotografie di Giuliano Carraro che, negli anni '60, immortalava monumenti e paesaggi di Pavia, avvolti da una fitta nebbia, nei quali si libravano stormi di piccioni neri.
«Poche, quasi sempre nulle, sono le presenze umane tra le vie e le torri, come figure quasi aliene – aggiunge l’artista –. Questo vale anche per tutto il panorama pittorico locale, vecchio e nuovo, che ha sempre preferito rappresentare luoghi e cose nella loro più austera staticità e solitudine».
Cantava Max Pezzali, nel 1992: "3 discoteche 106 farmacie" ed è lo stesso Pezzali che canta nel 2024, con un direi piglio nostalgico: "Chissà se mentre gli altri dormono... Si sente ancora il solito eco delle serate, delle discoteche abbandonate...». —