Quella gara da oro fino all’ultimo istante: «Giovanni aveva tutte le carte in regola»
Ivrea. È tornato da Parigi e si commuove quando parla della gara da oro di Giovanni De Gennaro, Mario Di Stazio, presidente dell’Ivrea canoa club, ex canoista, un passato da commissario tecnico di canoa slalom e discesa della Federazione italiana. Anche lui vanta una partecipazione alle Olimpiadi: correva l’anno 1972, Monaco di Baviera. Aveva 21 anni. «Oggi riesco a parlarne, dai - dice-. Per due giorni non potevo aprire bocca perché mi veniva il magone». Sorride. «Viene il magone perché Giovanni è un ragazzo che è rimasto qui per degli anni, si allenato qui – racconta – . Aveva l’alloggio a Ivrea, si allenava qua. Poi negli ultimi due anni si è spostato: ma viene da noi, si allena e poi ritorna a Brescia. Prima era fisso e devo dire che era uno dei nostri, tesserato come atleta ospite». La gara da oro?«Diciamo che Giovanni è arrivato a Parigi con tutte le carte in regola non solo per una partecipazione, ma per fare medaglia». Da ex allenatore, Di Stazio spiega di avere avuto qualche timore: «De Gennaro quest’anno ha vinto un paio di gare importanti e sinceramente temevo che potesse non essere più al massimo della forma». Invece no. «La gara si è rivelata una prova assolutamente di nervi - sottolinea – . Il primo finalista ha fatto un tempo molto prestigioso, quindi c’era pressione. C’era un tempo da battere. Questa è stata la chiave di volta dello svolgimento di tutta la gara. Giovanni era a metà ordine di partenza, ha avuto a parer mio la freddezza di portarsi a casa la gara con zero penalità senza voler strafare. Ha quindi realizzato una manche che ha ulteriormente caricato di pressione i forti che venivano dopo, che hanno tutti commesso degli errori». Quegli istanti, dall’ottima manche di De Gennaro fino all’istante in cui si è capito che ci sarebbe stata la medaglia d’oro sono stati eterni e al cardiopalma. «È stata tutta una tensione», ricorda ancora commuovendosi.
De Gennaro è adesso attesissimo a Ivrea. Il suo volto elaborato in grafica è già in giro per la città nei manifesti che annunciano la tappa di Coppa del mondo dal 12 al 15 settembre.
Per la prima volta l’evento è organizzato dall’Ivrea canoa club. «Per noi - dice - era un passaggio obbligato. Questi ragazzi e le persone che fanno parte del nostro club (un’ottantina di atleti, circa 200 soci) devono avere anche la soddisfazione di dire, in prima persona sono io che organizzo. Per me, per il mio modo di intendere il club, non è una sfaccettatura secondaria». Di Stazio precisa subito che tutti gli eventi internazionali di canoa sono stati organizzati molto bene. «A noi spetta di organizzare altrettanto bene - aggiunge - e, come è giusto che sia, tendere a fare sempre meglio». Tutte le forze e le risorse sono concentrate su metà settembre. Anche dal punto di vista economico l’evento è impegnativo, considerato che vale qualcosa come 250mila euro. Nell’ottica della crescita, però, quando Di Stazio ha preso le redini del club nel 2018 c’era di andare avanti. «L’obiettivo era puntare sulla crescita agonistica e in questi anni abbiamo avuto risultati importanti - osserva -. Nel pensare la crescita, abbiamo pensato a come trattenere i giovani legati al club, per garantire il futuro e il ricambio generazionale. Ma non solo. È cambiata un po’ in generale l’ottica delle associazioni sportive, a livello nazionale entrate a far parte del terzo settore. Questo significa proprio un altro approccio: non è più sufficiente, nel momento in cui si forma un consiglio direttivo, chiedere ai vari soci chi è disponibile a fare qualcosa. Adesso è necessario programmare e fare in modo che ci siano competenze di ordine sportivo, ovviamente, ma anche economico finanziario, competenze, di sicurezza, assicurazioni, di tipo tecnologico».
Il presidente è orgoglioso del lavoro fatto per il progetto realizzato di digitalizzazione del canale con telecamere e sensori. Sottolinea: «Io sono uno di quelli che ritiene che nella vita sia importante fare le cose per primi. E la digitalizzazione del canale era un progetto strategico perché lo colloca un passo avanti. Ora abbiamo una collaborazione aperta con il Politecnico di Torino per sviluppare altre idee. Preciso che io, personalmente, non so nulla di digitalizzazione, ma il gruppo che abbiamo formato qui ha idee, competenze e capacità anche in questo settore».
Scontata la domanda su cosa sia, per Mario Di Stazio, la canoa. Si commuove ancora mentre articola la risposta senza esitare: «La canoa è stata una parte della mia vita in cui probabilmente sono riuscito a canalizzare quella che è la mia caratteristica agonistica di base. Ognuno di noi ha una carica agonistica che in qualche modo si deve esprimere».
Canoa e Ivrea, un binomio stretto che si incontra sul fiume. «Per me - aggiunge – ha influito il fattore città. Anzi. Ha influito il fattore Borghetto». In che senso? «Nel senso che io abitavo in Borghetto, con finestre affacciate sulla Dora e i canoisti li vedevo sempre. Allora (metà anni Sessanta) si allenavano tra il Ponte vecchio e il Ponte nuovo. In più, ero a scuola con Peppino D’Angelo, fratello di Roberto. Mi diceva, dai vieni a provare. E ci sono andato». Dice ancora: «L’inizio è stato così, quello che contava era riuscire a canalizzare questo agonismo. Io sono grato alla canoa perché mi ha dato molto, mi ha consentito di girare il mondo, conoscere tante persone, intraprendere la mia carriera perché io sono un insegnante di educazione fisica. Sì, mi sono avvicinato all’educazione fisica anche in funzione del fatto che andavo in canoa. È stato un tutt’uno con la mia vita. Quando sono stato eletto presidente nel 2018, mi hanno chiesto di dire qualcosa». Poche parole: «La canoa mi ha dato molto, ritengo che questo sia il momento di restituire».