Così Netanyahu ha disonorato Israele: una colpa irrimediabile
Uzi Baram è memoria storica d’Israele. Per il suo alto profilo politico e per essere stato testimone diretto e partecipe di alcuni momenti che hanno fatto la storia d’Israele. Baram non è uso a interviste o ad uscite pubbliche. Non è un malato di esposizione mediatica. Quando rompe il suo tradizionale riserbo è perché qualcosa di eccezionale sta accadendo. Come in questi mesi di guerra a Gaza e di tormento per Israele.
Narratori militarizzati
Scrive Uzi Baram, che fu tra i più stretti collaboratori e amico fidato di Yitzhak Rabin, su Haaretz: “Sulla scia del 7 ottobre è nata una nuova generazione di commentatori e pensatori. Una generazione che dice basta ai valori liberali e alla dignità umana per tutti e per ciascuno. Viviamo in una giungla che ha altre regole. Chiunque agisca in modo diverso perderà in ogni battaglia.
Zvi Yehezkeli è uno di questi commentatori. È certo che gli arabi capiscano solo il potere spietato e disinibito; quindi, la popolazione di Gaza è condannata all’estinzione – e non è solo lui. Eliyau Yosian, un commentatore occasionale, ha attaccato le parti dell’opinione pubblica che sostengono valori come la purezza delle armi, l’uguaglianza e la lotta per la pace. Secondo lui, dobbiamo agire con una brutalità determinata e coerente perché solo questo tipo di messaggio sarà compreso a Teheran – e ovviamente la destra fa leva su queste dichiarazioni in ogni modo possibile. Lo stesso Yehezkeli ha raccontato che, dopo aver lasciato Canale 13, ha incontrato un gruppo di soldati che gli hanno detto: “Canale 13 ci indebolisce”. Qual è l’alternativa? Canale 14, il portavoce del Primo Ministro Benjamin Netanyahu? Il giornalista di destra Yinon Magal? Vale la pena ricordare le parole di Magal su X: “Non parlatemi più di ‘morale’ e ‘valori’… Per me esiste il valore della vittoria”.
Ammetto che queste cose a volte cadono nel vuoto. Il massacro del 7 ottobre, i caduti nella guerra di Gaza, gli ostaggi ancora detenuti nella Striscia, la mancanza di fiducia in una svolta positiva: tutto questo porta una parte non trascurabile dell’opinione pubblica a credere che dobbiamo liberarci di tutti i limiti etici in questa guerra difensiva in cui siamo stati trascinati. Netanyahu dice: “In Medio Oriente, solo i forti sopravvivono”. È vero, ma la verità è più complicata.
Alla ricerca di una lezione storica sulle guerre prolungate, mi sono rivolto al libro dell’autore britannico Richard Overy, uno dei più grandi storici della Seconda Guerra Mondiale. Nel suo libro “Perché gli Alleati hanno vinto”, Overy analizza i vantaggi che la Germania aveva sugli Alleati dal punto di vista logistico ed economico. Il grande svantaggio della Germania era in termini di moralità. Secondo Overy, gli alleati riuscirono a creare una differenziazione tra il fascismo disinibito e massacrante dei nazisti e i valori morali delle forze alleate. Si sforzarono consapevolmente di dipingere la guerra in termini di “bene” e “male”.
Overy sostiene che la lotta tra il bene e il male costrinse l’opinione pubblica americana a sostenere l’entrata in guerra del proprio paese e a costruire l’opposizione al regime nazista in alcuni dei paesi occupati, soprattutto in Unione Sovietica. Il vantaggio morale fu una componente importante per la vittoria degli alleati nel 1945.
Israele combattuto con il suo vantaggio morale fin dalla sua fondazione. Il suo primo Primo ministro, David Ben-Gurion, parlò di “una luce per i gentili” e che lo Stato di Israele non doveva essere come tutti gli altri paesi. Yitzhak Rabin disse nel 1967 sul Monte Scopus: “Questo esercito, che ho avuto l’onore di servire alla sua testa in questa guerra [dei Sei Giorni], viene dal popolo e al popolo ritornerà. So che il terribile prezzo pagato dal nemico ha toccato nel profondo i loro cuori…”.
Netanyahu non ha mai esortato il popolo a mantenere i valori morali. Non ha mai detto nulla di significativo, né sull’attacco a Beit Lid s né sui crimini di odio dei coloni. Non ha mai preteso di essere uno di quei leader che danno un esempio positivo al proprio popolo. Netanyahu conosce le rivendicazioni morali ma le ha abbandonate a favore della cultura del potere e della vendetta. A causa sua e sotto la sua guida, Israele sta perdendo i resti del suo vantaggio morale. Questa potrebbe essere la nostra vera sconfitta”.
“Danni collaterali”
Così un editoriale di Haaretz: “Il governo americano non avrebbe potuto esprimere in modo più chiaro la propria posizione in merito all’accordo sugli ostaggi: È “forse l’ultima opportunità per riportare a casa gli ostaggi”, ha dichiarato lunedì il Segretario di Stato americano Antony Blinken dopo essere venuto a Gerusalemme appositamente per esprimere pubblicamente e direttamente la posizione degli Stati Uniti al Primo ministro Benjamin Netanyahu e al Presidente Isaac Herzog.
Ogni israeliano che sia onesto con se stesso sa che quando Blinken dice che questa potrebbe essere l’ultima occasione per riportare a casa gli ostaggi, intende dire quello che dice. Il tempo sta per scadere per gli ostaggi.
Secondo le stime della Difesa, più della metà dei 115 prigionieri non è più in vita. Il Magg. Gen. (ris.) Nitzan Alon, il principale negoziatore di ostaggi dell’esercito, ha avvertito che finché i combattimenti continueranno e non si raggiungerà un accordo, altri moriranno-
Il messaggio di Blinken è stato coerente: Gli Stati Uniti sono impegnati a garantire la sicurezza di Israele, ma anche a ridurre le tensioni regionali. “Sono qui come parte di un intenso sforzo diplomatico, su istruzioni del Presidente Biden, per cercare di portare questo accordo al limite e infine al di là del limite”.
Gli americani sono stanchi della postura delle varie parti, compresa quella di Netanyahu, nei negoziati. Si rendono conto che le sue considerazioni di politica interna stanno, a dir poco, contaminando il suo processo decisionale, incredibilmente anche quando riguarda la vita degli israeliani, il futuro e la sicurezza del Paese. È giunto il momento di raggiungere un accordo sugli ostaggi, ha sottolineato Blinken. “È giunto il momento di farlo. È anche il momento di assicurarsi che nessuno prenda iniziative che possano far deragliare questo processo”, ha detto.
Mentre gli ostaggi risciano la morte imminente, Netanyahu continua con i suoi giochi linguistici superficiali. Parlando dei negoziati, ha detto: “Stiamo dando e prendendo, non dando e dando”. Questo è ancora una volta gettare sabbia negli occhi dell’opinione pubblica. Hamas detiene degli ostaggi israeliani, l’accordo riguarda la loro restituzione. Il tentativo di presentare l’accordo come se Israele fosse l’unico a fare concessioni è fuorviante.
Inoltre, gli americani hanno collegato l’accordo alla stabilità regionale. Netanyahu, come al solito, non parla apertamente con l’opinione pubblica e quindi il dibattito pubblico non riesce a sottolineare adeguatamente la fatidica importanza per la sicurezza nazionale di ciò che accadrà se Israele rinuncerà all’ultima possibilità di accordo. Questo non solo equivale a un completo abbandono degli ostaggi al loro destino, ma anche a un completo disinteresse per il rischio che scoppi una guerra regionale.
Al termine dell’incontro di Netanyahu con Blinken, è stato riportato che il Primo ministro sostiene di appoggiare la proposta -ponte degli Stati e che la palla è nel campo di Hamas. È difficile credergli, visto che abbiamo sentito troppe dichiarazioni simili in precedenza, mentre in realtà stava lavorando per silurare le proposte. È arrivato il momento di dire sì a un accordo – e di farlo sul serio”.
Così Haaretz. Ma da questo orecchio Benjamin “Bibi” Netanyahu non ci sente. Quanto poi ai ministri fascisti del suo governo, i Ben-Gvir, Smotrich etc., per loro gli ostaggi possono morire tutti: sono solo “danni collaterali” nella guerra di annientamento dei gazawi. E poi erano dei kibbutzim, gente di sinistra, mica fedelissimi coloni.
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