Da Alien a Dune, il cinema reinventa il mito. Paolo Riberi ne fa una nuova indagine filosofica
Fin dall’inizio della sua storia, il cinema è stato immediatamente intrecciato al mito.
Da un lato la mitologia ha fornito un giacimento immenso da reinterpretare e riproporre, da un lato la natura stessa del medium si è fatta inevitabilmente portatrice di una nuova mitologia (non parlo solo del fenomeno divistico, ma della natura “epica” di molta arte cinematografica).
Non è un caso che lo sceneggiatore americano Christopher Glover abbia
messo a punto il più celebre e utilizzato manuale di sceneggiatura
cinematografica rielaborando una teoria di derivazione mitologico-psicanalitica: l’ormai proverbiale Viaggio dell’Eroe di Joseph Campbell, in cui è forte e dichiarata l’influenza della visione archetipica junghiana.
Secondo Campbell in tutte le grandi narrazioni sacre ritroviamo una struttura ricorrente, costruita attorno a su sette archetipi principali e dodici tappe che ritmano, appunto, il Viaggio dell’Eroe. Appare evidente come non si tratti solo di un espediente narrativo, ma di una profonda allegoria del percorso di ricerca e realizzazione interiore indicato come senso della vita da tutte le tradizioni iniziatiche.
È ben noto che George Lucas nella creazione di Star Wars si sia dichiaratamente ispirato a Campbell; non a caso, il saggio L’Eroe dai mille volti di Campbell venne ripubblicato proprio con l’eroe della saga, Luke Skywalker, campeggiante in copertina, come rappresentazione contemporanea dell’archetipo oggetto del testo.
Uno studioso che si è occupato dell’influsso della mitologia, in particolare gnostica, sulla cinematografia degli ultimi quarant’anni è Paolo Riberi, che in testi quali Pillola rossa o Loggia Nera? per Lindau, Abraxas. La magia del tamburo, a quattro mani di Igor Caputo, per Mimesis, e Il serpente e la croce, sempre per Lindau, ha approfondito opere dominanti nell’immaginario collettivo, da Matrix a Twin Peaks.
All’inizio dell’anno Riberi aveva pubblicato un saggio scritto a quattro mani con Giancarlo Genta su un’altra saga dal fascino straordinario: I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides (anche stavolta per Mimesis).
Un testo pieno di riferimenti filologici molto approfonditi, che ricostruisce la tormentata e mirabolante parabola di trasfigurazioni cinematografiche del capolavoro di Frank Herbert, dal progetto leggendario del capolavoro abortito di Alejandro Jodorowsky allo sfortunato flop di David Lynch, fino all’attuale versione post-moderna di Denis Villeneuve.
Non posso non citare, a riguardo, un saggio imponente e di notevole interesse, firmato da Filippo Rossi: Dune. Tra le sabbie del mito (NPE): mentre Riberi e Genta si concentrano sulle origini mistico-filosofiche della saga, Rossi realizza una sorta di enciclopedia critica sulle diverse trasposizioni artistiche della vicenda. Consiglio entrambi i volumi, per uno sguardo completo e complementare, agli appassionati della saga.
Ora, in occasione dell’uscita nelle sale di Alien: Romulus (settimo capitolo del franchise iniziato col capolavoro di Ridley Scott del 1979, un interquel ambientato cronologicamente proprio tra il primo Alien e Aliens – Scontro finale), Riberi torna con Genta a proporci un’indagine filosofica intitolata I segreti di Alien. Gnosi, orrore cosmico, scienza e IA nella saga degli Xenomorfi (ancora una volta per Mimesis).
Al di là del valore del film attualmente nelle sale (girato da Fede Álvarez con Cailee Spainey e Archie Renaux tra i protagonisti), il libro è interessante perché affronta i temi già protagonisti dei saggi precedenti, ovviamente declinati sulle peculiari sfaccettature della saga in oggetto: biologia, teologia, radici lovecraftiane, miti fondativi come Prometeo ed Eva, figure gnostiche come gli Arconti, gli archetipi femminili e la morte di Dio, il nichilismo radicale e l’alienazione capitalista.
Come scrivono i due autori nelle pagine iniziali, si tratta di “una poliedrica saga dai mille volti, che cela una straordinaria gamma di spunti estetici e narrativi arricchiti da ogni tipo di suggestione filosofica, politica, esoterico-religiosa, antropologica, economica e tecnologica: un vero e proprio patrimonio culturale, ma anche uno specchio distorto delle ombre, delle radici e delle paure più inconsce della civiltà occidentale”.
Un libro di notevole interesse per tutti coloro che credono che il cinema non sia mero intrattenimento, ma il medium più potente per veicolare il senso dei miti antichi, reinterpretandoli, nella cultura di massa contemporanea.
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