Acca Larentia, fango sui morti di destra. Per “Repubblica” e il “Domani” sono meno morti degli altri
Nessuna pietà per i morti, meno pesanti, meno nobili, meno innocenti. Meno morti, perché sono di destra. Nella polemica sul “fake-scoop” del “Domani”, con la scoperta clamorosamente banale dei fondi donati dalla Fondazione An a un’associazione che tutela la memoria di uno dei luoghi simbolo della destra italiana, non colpisce tanto la fragilità delle accuse, facilmente contestabili dati di bilancio alla mano, ma l’accanimento e la mancanza di rispetto che anche nell’uso dei termini viene ostentata, con orgoglio, nella narrazione dei fatti che portarono alla strage di militanti missini da parte di bestie dal cuore rosso.
Fa sorridere – ma questa è una nota a margine quasi divertente – come “Repubblica” recepisca perfino una replica della Fondazione An come se concedesse una cortesia a un condannato a morte. «L’immobile di Acca Larentia era stato posto all’asta dall’Inail — prova a difendersi Giuseppe Valentino, presidente della Fondazione — Per evitarne un possibile uso non rispettoso la Fondazione ha supportato nell’acquisizione l’associazione Acca Larentia», scrive il quotidiano diretto da Maurizio Molinari.
Analizziamo le parole. “Prova a difendersi”. Prova, sottolinea il giornale: come a dire, non si difende, non può, è indifendibile, fa solo un tentativo, ce sta a provà. Ma anche sul termini “difendersi” qualcosa non torna: difendersi ma da cosa, esattamente? Aver evitato che il luogo dove dei giovani missini trovarono la morte diventi un supermercato, una negozio di cannabis light, la casa occupata da Ilaria Salis, la cooperativa di migranti su cui far soldi della moglie di Soumahoro, l’atelier dell’armocromista di Elly Schlein o magari una sede del Nuovo Pci?
Acca Larentia e i morti di destra meno morti degli altri…
I morti, sul campo, per “Repubblica” non sono morti, vittime, innocenti, giovanissimi, ma “estremisti di destra”, per il “Domani” sono neofascisti, come se a quei tempi militare nel Msi, forza politica perfettamente integrata nell’arco costituzionale – nonostante i tentativi di tenerla fuori, che esprimeva parlamentari, classe dirigente e proposte politiche – fosse paragonabile all’affiliazione alle formazioni rosse che cannoneggiavano lo Stato democratico col piombo, da Lotta Continua a Potere Operaio fino alle Brigate Rosse. Leggere oggi “Repubblica” o “Il Domani” fa immediatamente venire alla mente le deliranti frasi contenute nel libro di Valentina Mira, romanzo candidato allo Strega: «È successo che due del FdG, vabbé gli hanno sparato. Eravamo in quegli anni lì, loro erano i primi del resto a sparare». E vabbè, tanto erano estremisti di destra. Un po’ meno innocenti, un po’ meno giusti, un po’ meno morti di quelli di sinistra.
Il 7 gennaio del 1978, invece, furono uccisi due ragazzi, in carne ed ossa, non due estremisti, neofascisti o del FdG. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati di fronte alla sede del Movimento Sociale di via Acca Larentia da terroristi mai individuati ma che si segnalarono, nella rivendicazione, come Nuclei armati per il contropotere territoriale, non ebbero mai giustizia, come i morti di Primavalle. Negli scontri con le forze dell’ordine poche ore dopo venne ucciso Stefano Recchioni, un altro militante missino, mentre il padre di Francesco Ciavatta si suicidò qualche mese dopo. Un dramma di destra, ridotto a B-movie nella narrazione di questa vicenda di soldi.
La difesa dell’associazione che custodisce la memoria del luogo
Denunciare un finanziamento non iscritto in bilancio (dettaglio peraltro falso, come specificato dalla Fondazione An), può anche essere legittimo, spalare fango sui cadaveri sepolti dalla parte sbagliata della storia che quel giornale ha scelto di raccontare, non è elegante, quanto meno. Lo fa notare anche l’Associazione culturale Acca Larenzia, accusata di aver incassato dei soldi per difendere la memoria di quelle vittime della destra. “Ancora una volta – proseguono – il sangue dei nostri caduti viene oltraggiato vigliaccamente per mere strumentalizzazioni politiche dai soliti e noti giornalisti, imbeccati celatamente a dovere, che tentano di intorbidire un’iniziativa avvenuta alla luce del sole”. “Chi ha contribuito al buon esito della cosa sono soprattutto tutti i singoli militanti e attivisti che con sacrificio si sono adoperati, a tutti i livelli, per permettere la continuità e l’esistenza della sede. L’acquisto dell’immobile e la difesa quindi del Sacrario e del ricordo dei militanti uccisi è un atto dovuto e sacrosanto, in linea con la decennale attività della sezione stessa e di tutti i militanti che ancora oggi ne costruiscono, giorno dopo giorno, il percorso di salvaguardia storica come pure quello culturale e politico”, spiegano ancora.
Magari, se nei giorni futuri i giornali che si occupano della vicenda, facessero più attenzione all’aggettivazione dei morti, si riuscirebbe a discutere meglio anche del merito, ammesso che esista un merito di cui discutere.
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