Peronospora, vigneti azzerati: c’è chi rinuncia alla vendemmia
MORNICO LOSANA. «Nel nostro Comune, come in quelli vicini in tanti hanno rinunciato a vendemmiare per i danni provocati dalla peronospora. Che senso ha spendere i soldi per la manodopera, per poi raccogliere pochi grappoli sani dovendoli piazzare su un mercato con i prezzi delle uve in continuo calo?»: lo sfogo parte da Mornico Losana, ma riguarda perlomeno altri 16 paesi collinari (Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Casteggio, Colli Verdi, Corvino San Quirico, Golferenzo, Montalto Pavese, Montescano, Montù Beccaria, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rovescala, Santa Giuletta, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara): sono le amministrazioni che hanno aderito alla lettera-appello firmata dalla sindaca Ilaria Rosati inviata in Regione all’attenzione dell’assessorato all’agricoltura.
«Qui la situazione è drammatica – conferma la prima cittadina di Mornico – le piogge intense hanno costretto a raddoppiare i trattamenti: se ne facevano solitamente sette, ne sono stati fatti almeno 14 per vigneto. Trattamenti raddoppiati, costi raddoppiati: da 500 euro a oltre mille euro a vigna. E, spesso, non è bastato. C’è chi ne ha saltato uno e adesso non può raccogliere nulla. La Regione deve aiutarci magari sostenendo le spese per i trattamenti poi risultati inutili».
«Così si chiude»
Francesco Archili Cevini, ha 33 anni, lavora nell’azienda di famiglia, ha una laurea nel campo ed è anche il vicesindaco di Mornico che ha supportato con dati e segnalazioni la lettera inviata dalla sua amministrazione. «Mai vista una situazione simile – dice – le piogge hanno favorito la diffusione della malattia. Soprattutto nei vigneti biologici si stanno registrando tagli produttivi oltre il 60 per cento. A quel punto che senso ha vendemmiare?». Francesco tira le somme e non sono buone: «Questo rischia di essere il colpo di grazia – osserva – prima i problemi del mercato del vino legati al Covid, poi la siccità, adesso le piogge con la diffusione della peronospora. Così diventa difficile andare avanti e anch’io che sono giovane, sto pensando se il mio futuro sarà ancora nella viticoltura. Era importante avvisare la Regione di quello che sta accadendo».
«Ministero avvisato»
Claudio Mangiarotti, consigliere regionale è anche viticoltore a Volpara. Le viti malate le vede da vicino e ha saputo della lettera dei Comuni. «L’appello è stato letto dall’assessore Beduschi con cui sono in stretto contatto. So che la Regione ha già contattato il ministero. Adesso si dovrà fare un attento bilancio di quanta uva non è stata raccolta per programmare i futuri ristori alle aziende».
Corsi e ricorsi
Gli annali di storia oltrepadana raccontano di cosa abbia significato la diffusione della peronospora sull’economia della zona tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Secolo breve. I vecchi oltrepadani ne parlavano alla stregua di una “peste” di cui avevano sentito parlare dai loro nonni. Un nome dimenticato, soppiantato dalla flavescenza dorata, dal dissesto, dalle rimanenze di cantina, dai prezzi al ribasso delle uve e da quelli “risibili” dei terreni al metro quadro se rapportati ad altre aree vocate come l’Oltrepo.
Ora è tornata l’era della peronospora. Arrivata dal Nord America, dove è stata scoperta nel 1831. Intanto le viti americane vengono importate in Europa perché ritenute più resistenti alla filossera (altro flagello biblico dei vigneti). Ma con le viti arriva la peronospora: nel 1878 è trovata nel sud Ovest della Francia. Un anno dopo è tracciata, per la prima volta in Italia, in un vigneto di Santa Giuletta, in Oltrepo Pavese. Poi si diffonde, stroncando interi raccolti oltrepadani mentre si cercano i rimedi (in particolare lo zolfo ramato). Sembrava una storia d’altri tempi, ora è realtà. «Ci troviamo di fronte a un disastro che potrebbe cambiare la storia del vino in Oltrepo»: è il messaggio che arriva da Mornico.