Barbara Cosma, la signora delle maratone: «Corro per un voto, ne ho fatte duecento»
“Barby c’è”. Un cartello ormai iconico quello brandito dagli amici del Club Super Marathon Italia per celebrare le imprese di Barbara Cosma, la supermaratoneta di Riese. L'ultima volta, a Ripa Teatina, è stata una festa speciale al termine della 8 ore delle Torri: 200 maratone e ultramaratone completate, tutte con la sua inconfondibile grinta e passione.
Un'avventura iniziata nel 2014, un voto per la salute della figlia, e da allora Barbara non si è più fermata, raggiungendo importanti traguardi come le 100 gare alla Forte Sea Front 4x42 km a Forte dei Marmi nel gennaio 2023 e le 150 alla 8 ore dello Jonio a Palagiano lo scorso novembre.
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Cosma, quando è nata la passione per le lunghe distanze?
«Tutto è iniziato 10 anni fa, nel 2014 ho fatto la Maratona di Sant’Antonio da Padova dopo la guarigione di mia figlia. Prima non avevo mai fatto attività sportiva. Pure mio marito, corridore, mi diceva “Dove vuoi andare che non hai mai fatto niente” (ride, ndr). Volevo dimostrare che se c’è la volontà, si arriva al traguardo».
Come ha scoperto le ultramaratone?
«Il mio sogno era fare i 100 km del Passatore, alla fine l’ho percorso nel 2017. Vedere le stelle, camminare di notte mi ha fatto stare bene. Lì ho capito che il mio passo, non molto veloce, era adatto per le ultramaratone».
Che cosa si prova nel percorrere centinaia di chilometri a piedi?
«Non lo so spiegare. Più è lunga la gara e più mi piace. Tagliato il traguardo mi porto a casa le emozioni, la conoscenza di nuove persone e le amicizie che nascono. Per esempio, l’altro giorno, un bambino è caduto da un bicicletta, gli ho dato una mano e la madre mi ha ringraziato. Mi porto tutte quelle piccole cose che ti fanno stare bene».
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Qual è la distanza più lunga che ha mai coperto?
«La Milano-Sanremo nel 2021 di 285 km che ho percorso in 54 ore. Nella seconda notte, mi sono appoggiata ad un muretto e ho chiuso gli occhi per 10 minuti: ma non avevo sonno, ci sono tante cose belle da vedere che ti tengono sveglia ed era troppa la voglia di finirla. Prima o poi la rifarò».
Come si gestisce un’ultramaratona?
«Non uso gel, mangio poco e spesso ed ho sempre con me la bottiglia d’acqua. È tutta una questione di testa. La scorsa domenica ho fatto 200 km con un caldo bestiale. Si va più lenti, ti bagni la testa e fai una sosta a tutte le fontane».
Quale, invece, è stata la gara più emozionante?
«La 100 km delle Alpi a Torino. Lì ho vinto la mia prima challenge arrivando prima a tre ultramaratone. La corsa in sé mi ha lasciato la voglia di fare bene e di riuscire a raggiungere il traguardo».
Il momento più duro della sua carriera da atleta, in cui ha pensato di mollare?
«Al momento no, non c’è stato ancora».
In un anno e mezzo circa è passata dalle 100 alle 200 ultramaratone, veramente instancabile…
«Sì, ci ho dato dentro. Anche perché lo scorso anno ho provato, per la prima volta, a fare la Orta 10 in 10, dieci maratone in dieci giorni sulle sponde del Lago d’Orta in Piemonte. A inizio agosto l’ho rifatta».
Ha letteralmente percorso l’Italia a piedi…
«Sì, ormai ho viaggiato per tutta Italia e, devo dire, anche spendendo poco. Solitamente guardo il calendario delle ultramaratone e tramite la società Club Super Marathon Italia ci si organizza per risparmiare su trasporti e alloggio. Poi, con il mio passo, riesco a gustarmi ogni luogo».
Dove mette tutte le medaglie che si porta a casa?
«Inizialmente in un cassetto, poi mio marito ha realizzato un sostegno in legno per conservarle».
Quindi ha trovato il modo di farsi perdonare…
«Non parla più adesso (ride ancora, ndr)».
Ora qual è il suo obiettivo?
«Arrivare a quota 300 ultramaratone per rientrare nella classifica mondiale».
Qual è il messaggio che vuole lanciare?
«Quando c’è qualcosa che non va, ci sono pensieri o giornate no, consiglio di allacciarsi le scarpe e andare. Camminare, guardate che cosa vi circonda: solo questo basta per risollevarsi».