Festival di Venezia, Joker Folie a deux è un auto sabotaggio inquietante e strampalato
Per andare a stuzzicare una meteora inafferrabile come Joker (2019) ci vuole un bel coraggio. E per andarlo a riscrivere praticamente daccapo ce ne vuole ancora di più. Joker: Folie a deux di Todd Phillips, in Concorso al Festival di Venezia, va letto però in maniera inequivocabile come uno spettacolare insapore pasticcio. Partiamo intanto dal fatto che pur proseguendo temporalmente la storia rispetto al primo capitolo – seguiamo Joker/Arthur Fleck in carcere in attesa di processo – Joker: Folie a deux sembra una specie di reboot. Già, perché la figura del protagonista viene come rimessa drasticamente in discussione sia in termini di psicologia del singolo che nel simbolismo socio-politico che aveva rappresentato nel film del 2019. Quasi che ci si vergognasse e si provasse a spegnere l’incendio provocato cinque anni fa.
Il personaggio folle e doppio del Joker, la sua rabbia anti-istituzionale derivante dall’emarginazione sociale nel secondo capitolo, della speriamo non infinita saga, si spegne. Sarà perché Joker non è per natura filmica un supereroe da superpoteri, ma un incassatore di manganellate dei secondini, vessazioni e botte; sarà perché in due ore e qualcosa viene costretto a gigioneggiare in acrobazie fisiche e canore, ma la sensazione è proprio quella dell’annichilimento e dello svuotamento della forza eversiva del villain vituperato. Insomma, Joker/Arthur/Joaquin Phoenix nel capitolo due è una specie di anonimo straccio, non solo metaforicamente ma proprio realmente sin dalla prima inquadratura dove il suo busto nudo mostra una magrezza da conclamata anoressia.
Nel penitenziario della solita cupa Gotham City, sedato dalle pillole e dalle minacce di orride guardie carcerarie, Arthur non ride più e non racconta più barzellette (che non fanno solitamente ridere) fino a quando ad un corso di canto dietro le sbarre incontra Lee-Harley Quinn-Lady Gaga. Tra i due è letteralmente una folgorazione. Lei gli titilla parecchio l’ego, fanno sesso in cella, poi un tentativo plateale di fuga, ma l’inizio del processo che vede Arthur incriminato per cinque omicidi è dietro l’angolo. Il processo del secolo che il mondo attende in diretta tv e per il quale o Arthur si dichiara incapace di intendere e volere o finirà sulla sedia elettrica.
Chiaro che una scelta del genere implica deludere milioni di adepti scalmanati che attendono qualsiasi segno dal profeta, come la propria amata Harley che è attratta proprio dalle asperità narcisistiche del Joker (la patologia della “folie a deux”). A questo punto dobbiamo svelare la spettacolare ed insapore sorpresa del film. Lady Gaga e Phoenix, Harley Quinn e Joker, duettano musicalmente su grandi classiconi alla Sinatra, trasformandosi letteralmente in scena (in una c’è pure Lady Gaga dietro ad una sfilza di tastiere come fosse un suo concerto) ad ogni curva della scrittura che prevede i momenti onirici di Arthur. “Non capisco la barriera tra musical e film drammatico”, si chiede un personaggio in scena. Ebbene, Joker folie a deux è come se confermasse che se qualche barriera tra i generi c’è, dietro c’è pure qualche ragione.
I numeri musicali del film se dapprima sembrano preludere a qualche curioso colpo di scena che verrà, a metà film cominciano ad essere stucchevoli, mentre verso la fine si rischia il lancio di pomodori marci. Insomma, Joker Folie a deux è un auto sabotaggio inquietante e strampalato, dove Phoenix dissipa tutto il talento coreografico, vocale, microespressivo che si era guadagnato nel primo film (compreso un Oscar) contorcendosi come un ossesso, e Lady Gaga fa capire che oltre ai vibranti gorgheggi non c’è altro.
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