Del Pizzo nel mirino: a Monfalcone traballa la presidenza dell’aula
Si è appena voltata pagina su Halloween, ma gli spettri che si agitano ancora negli animi no, non sono passati, se si tratta di politica. Il fatto è che martedì, i titoli di coda sul Consiglio comunale non sono semplicemente calati una volta che s’è impartito l’ordine di chiudere i microfoni e spegnere le telecamere della diretta via streaming. C’è stata un’appendice.
Una riunione di maggioranza che, secondo alcuni, ha assunto le vesti di una sorta di “processo” sommario – termine senza dubbio iperbolico –, per altri invece di un franco, magari senza troppi fronzoli, confronto.
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Da ricondursi senz’altro nell’alveo della dialettica tra alleati, tant’è che tuttora il clima viene ritratto come all’insegna del namasté, di pace. Un colloquio che non è stato tuttavia risolutivo, tant’è che seguirà un supplemento di maggioranza in settimana, verosimilmente attorno al 7 novembre. Oltretutto nessuno ne ha parlato, se non a taccuini chiusi, e solo nelle ultime ore. La maggioranza, stando a qualcuno che per ragioni di sopravvivenza politica vuol restare anonimo, è stata a tratti molto accesa, indizio di attriti di natura interpersonale.
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Un Consiglio già di per sé anomalo, quello di martedì, col centrosinistra assente, sull’Aventino. Che ha visto l’esposizione della mozione del solo centrodestra sull’amianto e il presidente consiliare Ciro Del Pizzo, al termine degli interventi e prima del voto, consegnare l’auspicio che i fondi governativi «vadano alle vittime e non a chi le ha cagionate» e che «le interlocuzioni riservate» condotte a Roma, come emerso dall’esecutivo, «siano riportate anche qui in Consiglio». Le parole, in particolare le prime, non possono considerarsi niente di trascendentale, ma come spiega il capogruppo di FdI Denis Sartor è stato il momento in cui sono state proferite a risultare «inopportuno».
Sicché, a fronte di alcune riflessioni e voci emerse in maggioranza, che coinvolgono anche l’altro azzurro, Francesco Volante, circa possibili interlocuzioni con il centrosinistra, lo stesso Sartor per primo (ma dopo di lui si sono accodati altri) s’è sentito di dare martedì un «consiglio», «perché era giusto così, mentalmente e umanamente».
«Se una persona, non perché si tratta di Del Pizzo, anzi vale per chiunque, me in primis, non si sente più di rivestire il ruolo che copre – sempre Sartor – è meglio faccia un passo indietro piuttosto che rischiare d’esser mandato via. Per se stesso e il proprio partito. Io ragiono così e rassegnerei le dimissioni, per non nuocere alla mia compagine e alla maggioranza». «Non un suggerimento, un consiglio», ripete.
Il tema è delicato. Non riguarda peraltro, lo rimarca Sartor, FdI. Ed è vero e infatti è l’unico partito a esporsi pubblicamente: i rapporti paiono essersi incrinati soprattutto tra gli azzurri da un lato e Lega e Cisint per Monfalcone dall’altro, in particolare da quando il mentore della civica è fuoriuscito a favor di FI.
Un passaggio pertanto effettivamente “neutro” per il partito di Giorgia Meloni: non lo riguarda, a differenza, forse, del discorso dei decreti sui fondi amianto, partoriti dall’attuale Governo. Fatto sta che all’origine dei battibecchi ci sarebbero ruggini passate, che affondano le radici sul dibattito dello Ius scholae, poi riaccese dall’asbesto.
Posizioni non allineate. E forse non chiarite. Maretta tra alleati? «La maggioranza non ha alcun problema né fretta di affrontare il nodo – termina il capogruppo di FdI Sartor –, per quanto ci riguarda il clima è da namasté. Non siamo ai ferri corti e FdI non cerca rogne: parla poco, ascolta molto. Siamo praticamente buddisti». E sarà senz’altro così, però la sedia su cui è seduto Del Pizzo non pare aver raggiunto ancora il nirvana. Traballa.—
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