Venezia, il rosso del polo del lusso al Fondaco dei Tedeschi sfiora i 120 milioni di euro. 226 dipendenti in bilico
Arrivano a sfiorare i 120 milioni di euro le perdite che si sono abbattute sul Fondaco dei Tedeschi, il regno del lusso di Venezia. La comunicazione è contenuta nella lettera con cui Dfs Italia (società del colosso francese Lvmh, ndr), con sede nel sestiere di Castello, ha annunciato il licenziamento collettivo per riduzione del personale che riguarderà 226 dipendenti. Si tratta di 6 dirigenti, 17 quadri e 203 tra impiegati e operai. Pronta la replica dei sindacati, come la Cgil, che chiedono l’apertura di un tavolo nazionale con il coinvolgimento del governo e non solo delle amministrazioni veneziane.
La società è stata costituita nel 2013 ed è attiva nella vendita al dettaglio di prodotti di lusso dal 2016, gestendo una sessantina di negozi che si trovano nello storico palazzo a due passi dal ponte di Rialto, e di proprietà della famiglia Benetton. Dando l’annuncio, Dfs elenca la successione delle perdite che si sono registrate a partire dal 2020: 30 milioni di euro sia nel 2020 che nel 2021, 24 milioni e mezzo nel 2022, quasi 7 milioni nel 2023 e 17 milioni nel 2024 fino al 31 ottobre. “A causa della pandemia da Covid-19 e delle misure restrittive adottate per farvi fronte, si sono verificate pesanti ripercussioni sui settori della vendita retail, in particolare collegati al turismo internazionale”.
La situazione sarebbe proseguita nel 2022 “a causa della perdurante significativa riduzione del turismo proveniente dalle aree asiatiche che rappresenta la maggior parte della clientela di beni personali di lusso quali quelli commercializzati da Dfs Italia. Nel 2023 verosimilmente a causa della disomogenea ripresa del turismo a livello globale e in particolare della flessione del turismo cinese in Europa la riduzione delle perdite rispetto agli anni precedenti è stata inferiore alle attese con risultati ancora significativamente negativi”. Nel 2024 non sono emerse prospettive di miglioramento dei conti, “anche in ragione del rilevante ammontare dei costi fissi non ulteriormente comprimibili”.
Il riferimento è non solo al costo del personale, ma anche al canone che la società versa al gruppo Benetton. Dura la reazione del segretario generale di Cgil Venezia, Daniele Giordano: “È l’esempio plastico dell’economia e dell’indotto generato da un modello di turismo estrattivo, che danneggia la città e punta unicamente a drenare risorse. Si accampa la scusa della crisi del lusso, ma è evidente che si tratta di un’operazione di immagine, un utilizzo del marchio Venezia per poi buttare via la città e i lavoratori quando non più indispensabili”. Il segretario prosegue: “Non possiamo tollerare che l’intera area si trasformi nella capitale del lavoro povero e precario, dove anche solidi gruppi internazionali non sono in grado di garantire una progettualità di lungo termine come investimento sul territorio, con un danno drammatico le lavoratrici, i lavoratori e le loro famiglie”.
Il sindacato si rivolge anche ai Benetton. “Serve che Benetton, in quanto proprietà dell’edificio, dica chiaramente quali intenzioni e quali progetti ha per il futuro dello spazio. Non è tollerabile un “no comment” su un edificio di tale interesse pubblico per la città. Crediamo serva un coinvolgimento delle parti sociali anche sul futuro Fondaco, per evitare che si ripetano gli stessi errori commessi con Dfs”.
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