Violentata dal patrigno per due anni. Quando si ribella, lui le spacca il naso
Quando è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale all’Angelo di Mestre con la faccia coperta di sangue, il naso spaccato da una frattura scomposta, un sopracciglio tagliato, un trauma cervicale, su tanto dolore si è aperta, però, la luce che ha strappato una ragazza di 16 anni all’orrore di anni di violenza e abusi sessuali, con i quali era stata costretta a vivere sin da quando aveva 14 anni, violentata sistematicamente, due volte a settimana, dal patrigno, il nuovo compagno della madre. Quando la donna era fuori casa, iniziava l’orrore.
Quando nero fosse il baratro traspare pienamente dal capo di imputazione nei confronti dell’uomo, un cinquantenne, che martedì è stato condannato con rito abbreviato a 6 anni e 4 mesi di reclusione, dalla giudice per le udienze preliminari Carlotta Franceschetti, difensore l’avvocato Giorgio Pietramala.
L’uomo era accusato di violenza sessuale aggravata su minore. Aggressioni iniziate quando la giovane aveva 14 anni.
Recita il primo capo di imputazione: «Perché dopo averla resa totalmente incapace di intendere e volere e di agire attraverso la somministrazione di sostanze alcoliche, abusando delle condizioni di inferiorità psichica e fisica della minore - infrasedicenne a lui affidata per ragioni di vigilanza e di custodia, in quanto patrigno convivente con la vittima e la madre di quest’ultima - l’induceva a sottostare ad atti sessuali, consistiti in un rapporto vaginale completo».
Era l’estate del 2021 ed è stato l’inizio di due anni di inferno: violenze sessuali «con frequenza bisettimanale», «promettendole come corrispettivo l’acquisto di capi di abbigliamento, calzature, sigarette, bevande alcoliche». Un vortice di abusi al quale la giovane si è infine ribellata.
E sono arrivate le botte: lui l’ha colpita «con testate e pugni al volto», procurandole la frattura del naso e traumi con trenta giorni di prognosi per la guarigione. I sanitari si erano insospettiti, la ragazza aveva iniziato a raccontare e - venuta fuori la verità - era partita la denuncia d’ufficio, data la minore età della vittima. Codice Rosso alla mano, Procura e Tribunale erano intervenuti ordinando l’arresto dell’uomo, che si trova ora agli arresti domiciliari, pur seguendo un percorso terapeutico-psicologico.
E in casa sconterà anche la pena alla quale è stato condannato: 6 anni e 4 mesi, usufruendo dello sconto di un terzo previsto dal codice per i riti abbreviati, in cambio di un processo più celere. Già al momento dell’arresto - nel giugno del 2023 - aveva parzialmente ammesso i fatti in sede di interrogatorio di garanzia e le prove a suo carico sono state ritenute evidenti. La difesa non pare intenzionata, in questo caso, a ricorrere in appello.
La madre della ragazza - che ha detto di non essersi mai accorta di nulla, se non delle difficoltà scuola e dei malumori della figlia - si è costituita parte civile per conto della ragazza, ancora minorenne. Sarà il Tribunale civile a dover calcolare l’ammontare del risarcimento, anche se si tratta più di un riconoscimento di principio, che concreto: questa vicenda di violenza e brutalità si è sviluppata in una realtà di emarginazione.