Francesca Deidda uccisa dal marito: la confessione di Igor Sollai a 6 mesi dal delitto. Dubbi sul movente
Francesca Deidda uccisa dal marito, Igor Sollai. La confessione agli inquirenti è arrivata dopo un interrogatorio di oltre quattro ore in carcere, da parte del sostituto procuratore Marco Cocco. Deidda, 42 anni, era scomparsa il 10 maggio scorso da San Sperate, nel Cagliaritano, e ritrovata cadavere il 18 luglio all’interno di un borsone nero da calcio, nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.
Finora il marito si era sempre detto innocente, nonostante gli elementi raccolti a suo carico dagli inquirenti fossero stati fin da subito schiaccianti. Il 43enne autotrasportatore è in carcere dall’8 luglio con l’accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Da quanto si apprende, Sollai ha descritto nei dettagli come ha ucciso la moglie e come ha nascosto il suo corpo. Manca solo il movente, elemento che sarà chiarito nel prossimo interrogatorio: l’ipotesi è che Sollai volesse impossessarsi della casa e del premio dell’assicurazione sulla vita da centomila euro che i due avevano reciprocamente sottoscritto per rifarsi una vita con la donna che frequentava da un anno. “Non riesco a rendermi conto di quello che ho fatto, mi sembra impossibile“, ha detto agli inquirenti nel corso delle 4 ore di interrogatorio nel carcere di Uta. Quattro ore in cui il 43enne ha confermato ogni singolo elemento in contestazione. “Siamo stati contattati dal signor Sollai – hanno dichiarato gli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba – che dopo una profonda riflessione e una serie di confronti con noi, nel corso dei quali abbiamo esaminato tutte le risultanze, ha deciso di rendere piena confessione. Il primo interrogatorio è durato circa quattro ore, ma nelle prossime settimane ci saranno ulteriori appuntamenti per definire ogni aspetto”.
L’autopsia ha rivelato che Francesca Deidda è stata uccisa nel sonno, mentre era sul divano della loro casa a San Sperate, con diversi colpi di martello alla testa. Dopo il delitto, Sollai aveva cercato di vendere il divano, comportamento che aveva insospettito gli investigatori. L’arma del delitto non è ancora stata ritrovata. Inoltre, le indagini con i tracciamenti satellitari hanno rivelato che l’uomo si era recato più volte nei pressi del luogo dove i resti di Francesca furono poi ritrovati. Era stato anche individuato attraverso la carta di credito mentre acquistava alcune piante, verosimilmente per coprire il cadavere. Nel frattempo, mentre continuavano a ricevere messaggi dal telefono di Francesca, le colleghe del call center dove lavorava hanno mandato un messaggio trappola, inventando il nome di una collega mai esistita: Sollai era caduto in quella trappola, e questo è stato un elemento determinante per l’evoluzione delle indagini. E ancora, il borsone nero comprato dai cinesi e il tentativo di vendere il divano dove la sera del 10 maggio ha ucciso la moglie, fingendo poi un suo allontanamento volontario dalla loro casa per provare a superare un momento di crisi. Il 18 novembre scorso la Cassazione aveva respinto, confermando la decisione del tribunale del riesame, la richiesta dei domiciliari. Nei giorni successivi al delitto, secondo gli inquirenti, Sollai avrebbe mandato messaggi con il telefono di Francesca a parenti e amici per convincerli che la sua sparizione fosse dovuta a un allontanamento volontario.
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