Salvini su Netanyahu dimentica che il suo lavoro è al servizio e non al di sopra dell’Italia
Parlo ergo sum. Ma cogito no, proprio no.
Buona parte dei commenti all’ultima, inappropriata, dichiarazione di Salvini in merito alla condanna di Netanyahu per crimini contro l’umanità sottolinea proprio questi due principi: la necessità di parlare sempre (“Ma almeno stavolta non poteva chiudere quel forno?”, Giulia) e la difficoltà a pensare prima di farlo (“Grazie per farci sentire anche oggi più intelligenti”, Tommaso).
In realtà io credo che più che un “cogito no” sia un “cogito ni”; che dietro quel bisogno di parlare sempre un pensiero, un pensierino, ci sia.
Come gli influencer, costretti a postare di continuo per non soccombere all’algoritmo – anche contenuti trash, anche fatti loro, non fa differenza -, Salvini sa che ogni giorno deve spararne almeno una. E se è provocatoria, se attira commenti e palle di m., meglio. Come uno scarabeo stercorario quasi se le costruisce da solo, quelle palle di m.
E io qui gli sto dando una mano, ne sono consapevole. Io qui sto commentando le sue ennesime parole fuori posto: mi unisco al coro di chi lo critica, ne alzo il volume, faccio il suo gioco. E mi domando, mentre lo faccio, se non sia invece più intelligente ignorarlo.
Il fatto è che Salvini non è un influencer, anche se non lo sa. È un ministro, anche se non lo ha capito. E ciò che afferma un ministro, soprattutto se inopportuno, ha degli effetti sul Paese intero. Un influencer posso ignorarlo: a me non cambia niente. Un ministro no: a me, in quanto italiano, cambia tutto.
Perché un ministro ai Trasporti che non parla di Trasporti – ehi Matteo, io sono di Ragusa e qui non abbiamo né autostrada né alta velocità – ma al massimo di chiodi, è un problema. Perché un ministro ai Trasporti che (stra)parla di politica estera è un problema ancora più grande.
È un problema interno, perché sminuisce e smentisce le parole pronunciate poco prima dal ministro alla Difesa Crosetto: “Sentenza sbagliata ma dovremmo applicarla”. È un problema esterno, perché Salvini, che in quanto ministro ci rappresenta nel mondo, ha invece detto: “Se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri.” Chi è lui per affermare che l’Italia non applicherebbe quindi la sentenza della Corte penale internazionale? Chi è lui per porre l’Italia fuori dalle regole del diritto internazionale? Chi è lui per giudicare chi sono i criminali di guerra?
Salvini tratta gli italiani come followers e il Ministero come un account, dimenticando che il suo lavoro è al servizio e non al di sopra dell’Italia. Dimenticando, lui che è tanto patriota, il suo giuramento: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”. Tutte cose che non fa.
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