La Russa, il tricolore sulla panchina rossa e il potere dei maschi caro alla destra
La destra ha l’ossessione di appropriarsi delle battaglie femministe e vuole imporre la propria narrazione. Dobbiamo prendere coscienza che è in atto una strategia con la quale il governo intende sovrascrivere l’analisi femminista della violenza maschile appropriandosi di contenuti, svuotandoli di significato o distorcendoli con una costante manipolazione. Dopo le dichiarazioni di Giuseppe Valditara, ministro della Pubblica Istruzione che ha attribuito all’immigrazione illegale l’aumento delle violenze sessuali, in assenza di un qualsivoglia dato, proprio nel giorno in cui si presentava alla Camera la Fondazione Cecchettin, in memoria di una ragazza trucidata da un bravo ragazzo bianco, è la volta di Ignazio La Russa.
Il presidente del Senato, il 21 novembre, durante l’inaugurazione nel Giardino degli aranci di Palazzo Madama, ha sollevato il drappo rosso spiegando che ha voluto fortemente aggiungere una sbarra tricolore alla panchina rossa perché, a suo dire, il problema riguarda tutta la nazione.
Apparentemente fare di un problema una questione che riguarda tutte e tutti, sembrerebbe una cosa positiva. Già. Lo vuole il movimento delle donne da anni ma che cosa c’entra il tricolore? Qual è il messaggio sottinteso se non identificare con la nazionalità italiana, un simbolo contro la violenza alle donne? Trasformando una lotta politica in una competizione tra squadre: quella di chi nasce con la nazionalità italiana contro altre nazionalità. Annalisa Cuzzocrea, nel suo podcast DayTime, ha definito sovranista la panchina tricolore di Ignazio La Russa e ha detto che sembra di essere ripiombati nelle cartoline dell’Italia fascista: “Difendila, potrebbe essere tua nipote, tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia. L’uomo nero che violenta la donna bianca, manifesto del 1944. È lì il pericolo, è lì che vi stiamo proteggendo donne. Spedendo qualcuno in Albania quando è il momento giusto”.
Il manifesto sulla difesa della donna bianca ovvero della “razza” venne riproposto nel 2017 da Forza Nuova che la pubblicò sulla propria pagina Facebook. Con scarsa memoria storica o forse con l’intento preciso di volerla cancellare. La destra rimuove uno degli stupri che segnò la storia italiana, commesso da Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira e che portò alla morte Rosaria Lopez e al quale Donatella Colasanti sopravvisse. Gli stupratori erano rampolli della borghesia romana, bianchi, eterosessuali e fascisti. All’epoca, il movimento delle donne mise in luce la dimensione culturale e sociale della violenza sessuale, strumento di perpetuazione di dominazione e disciplinamento degli uomini sulle donne.
Edoardo Albinati, nel bellissimo libro L’educazione cattolica, ha messo in luce come a quei giovani uomini fossero stati somministrati i semi della violenza attraverso la legittimazione della sopraffazione e il controllo dei corpi. I nostalgici di quella cultura non hanno nessuna intenzione di mettere in discussione gerarchie di potere sulle donne o su altri soggetti ritenuti inferiori. Non percepiscono lo stupro come crimine contro le donne ma come un’offesa alla italiana virilità e riconducono il problema ad una questione di potere tra maschi. Nello stesso tempo connotare il femminicidio come un crimine di matrice straniera è funzionale alle politiche antimmigrazione e a negare l’origine patriarcale della violenza, trasversale ad ogni classe sociale e ad ogni confine geografico.
Sono trentun anni che ascolto le donne e gli autori di violenza che siano italiani, svedesi, americani, brasiliani, rumeni, cinesi, mettono in atto nei confronti delle loro compagne gli stessi abusi, con le stesse parole. Nessuna differenza.
Siamo di fronte ad una precisa strategia: dobbiamo opporci alla manipolazione del governo e alla sua strumentalizzazione dei corpi delle donne come fossero un campo di battaglia tra distinte fazioni. Che tengano le loro mani lontane dalle donne e anche dalla panchine rosse. Chissà, di anno in anno, le sbarre tricolori potrebbero aumentare fino a far dimenticare qual era il colore originale ma soprattutto il motivo per cui erano state realizzate.
@nadiesdaa
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