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Ноябрь
2024

Adriana Borriello esplora  a Udine il rapporto tra suono e movimento

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Esplorare l'universo creativo delle arti e, nell’atto della composizione, rendere eloquenti tutti gli elementi della danza per mettere in luce il rapporto tra suono e movimento. Adriana Borriello, danzatrice, coreografa e pedagoga, alla guida di bB Dance Research, è in scena con Timelessness Dances , sabato 23, alle 21, al Palamostre per la Stagione di Teatro Contatto. Dopo gli studi accademici a Roma, la scuola multidisciplinare Mudra di Béjart la accoglie a Bruxelles fornendole il primo “imprinting” verso un cambiamento che la vede protagonista, con Anne Teresa De Keersmaeker, della nascita del gruppo belga Rosas. «Quella è la mia appartenenza – spiega Borriello– e nella partecipazione alla fondazione di quel gruppo c’è l’anima di tutte noi. Benché abbia fatto il mio cammino mi sento ancora parte di quella matrice culturale. Cosa ho portato con me da quella esperienza? A braccio direi il minimalismo espressivo di quegli anni è andato proseguendo in me in una continuità di epurazione e purificazione del segno: il desiderio di indagare il concetto di scrittura coreografica, il movimento percepito come musica per gli occhi, l’esigenza di una scrittura che vada al cuore delle questioni».

Timelessness ne è una fase: una stratificazione, un accumulo di pratiche corporee, sonore e vocali?

«Di fatto è un ascolto che convoglia una dimensione sinestetica della percezione per cui al centro c’è il corpo e il linguaggio del corpo, del movimento organizzato, quindi la danza, però la danza diventa il fulcro di un’associazione sensoriale che coinvolge questo percorso da noi elaborato sulla manifestazione del suono, del movimento che comprende a un certo punto anche la voce».

Tra scrittura e improvvisazione, qual è il limite su cui si interroga?

«Il limite è labile, è un margine, una frontiera valicabile nel senso che nel lavoro dal punto di vista musicale sono coinvolti due compositori e due pensieri sul suono: uno – delle partiture scritte da Thierry De Mey per Les Percussions de Strasbourg – è un pensiero d’ispirazione classica, mentre l’altra parte è quella in interfaccia con il dispositivo creato con Edoardo Maria Bellucci. Abbiamo dei piccoli microfoni su alcune parti del corpo che entrano in risonanza con le casse, con gli altoparlanti creando quel famoso effetto, definito Larsen. Governando questo effetto, percepito in genere come un errore, permettiamo al rapporto tra spazio, suono, movimento corporeo, quindi ai danzatori, di manifestarsi per cui di essere “uditi” in termini musicali».

Qual è il suo rapporto con il silenzio?

«Per me il silenzio è necessario a tutti i livelli. Nell’avvicendamento della vita se non hai momenti di silenzio dentro di te non puoi predisporti ad accogliere il nuovo. ». —




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