Cinque nuovi diaconi del Triveneto: il giovane seminarista, il bidello e i frati. La cerimonia a Venezia
Dei cerchi che si chiudono, dei nuovi capitoli che si aprono. I diaconati di Rafael Arias Mejia e di Leonardo Di Domenico non potrebbero essere più diversi. Per il primo, una vocazione arrivata presto, poco dopo i 16 anni, e da lì l’ingresso in seminario. Per il secondo, a un’età già più avanzata, con una moglie e un lavoro come collaboratore scolastico in Veneto Orientale. Percorsi diversi, accomunati dalla cerimonia di ordinazione del diaconato da parte del patriarca di Venezia Francesco Moraglia, celebrata questo pomeriggio nella basilica di San Marco. Cinque in totale i nuovi diaconi, quattro in preparazione dell’ordinazione presbiterale e uno, Leonardo Di Domenico, permanente. 48 anni e originario di Pozzuoli, il neo diacono si è trasferito alla Giudecca per amore, dopo aver incontrato la moglie agli esercizi spirituali di Comunione e liberazione.
Già durante l’adolescenza aveva fatto un’esperienza di due anni in un convento di frati minori, ma poi gli avevano consigliato di prendersi il suo tempo per capire cosa volesse davvero dalla vita. A Venezia inizia a lavorare in due scuole, poi termina gli studi abbandonati in gioventù e diventa sacrestano nella chiesa di San Moisè. «Stava, insomma, maturando in me la prospettiva di diventare diacono per mettermi a servizio della Chiesa e confermando una disponibilità che da sempre avevo». Il suo sogno di diventare diacono con l’allora patriarca Scola e con don Giacinto Danieli, che seguiva in quel periodo la formazione dei diaconi permanenti, inizia a prendere forma e si iscrive a Teologia all’Università di Padova. Anni dopo, quel desiderio si è realizzato ed è a tutti gli effetti il nuovo diacono della comunità marciana.
Rafael Arias Mejía, seminarista 26enne, è nato in una famiglia neocatecumentale della Colombia. Quarto di otto fratelli, i due più grandi sono già sacerdoti, una sorella è monaca di clausura in Spagna, altri due fratelli più piccoli sono in Seminario (uno in Colombia, l’altro in Terra Santa) e lui, a Venezia, è diventato diacono in vista del presbiterato. «Siamo una famiglia un po’ particolare» osserva, «ma la vocazione di ognuno di noi fratelli è stata diversa. Non è stata un cammino scontato, ognuno l’ha sviluppata per conto suo. Io ad esempio, da bambino, non avevo mai avuto il desiderio di diventare prete. Certo, tutti siamo cresciuti in un contesto particolare in cui vedevamo i nostri genitori mettere al primo posto Dio e la missione».
La vita di Rafael, fino ad un certo momento, sembrava orientarsi su altri versanti; consegue la maturità a 16 anni, vince una borsa di studio e si iscrive a Filologia nella migliore università della Colombia, ha una ragazza, tutto pare filare bene e liscio eppure, ad un certo punto, entra in crisi e si imbatte in alcune domande forti: «Ma io cosa voglio fare della mia vita? Tutto quello che stavo vivendo mi piaceva sì, ma non vedevo lì la prospettiva vera e piena della mia vita. E così è nata una domanda vocazionale che in parte c’era già» aggiunge. Con lui e Di Domenico, sono diventati diaconi anche tre frati cappuccini: fra Davide Uziard della provincia cappuccina del Piemonte, fra Mattia D’Albora della provincia lombarda e fra Gheorghe Salahoru della provincia triveneta.