Medvedev: “La guerra in Ucraina può finire, ma la Nato deve fermarsi”. Ultimatum o bluff?
Dmitry Medvedev, vice capo del Consiglio di sicurezza russo, torna a far parlare di sé lanciando una dichiarazione che sembra un ultimatum e una provocazione insieme: «Se la Nato smette di soffiare sul fuoco, il conflitto in Ucraina può essere concluso senza alcun costo per l’umanità, almeno senza nuovi costi». Dunque, il fedelissimo del presidente russo Vladimir Putin, in un’intervista al canale saudita al-Arabiya, punta nuovamente il dito contro l’Alleanza Atlantica. L’uso dell’atomica? Un elemento di deterrenza a quanto pare, definita da lui «un’opzione estrema».
La Nato è il vero obiettivo: Medvedev rilancia le accuse di Mosca sul conflitto in Ucraina
Medvedev non risparmia accuse dirette all’Occidente, nel consueto tentativo di Mosca di farlo apparire come l’istigatore principale del conflitto in Ucraina. La Nato dovrebbe porsi «sul piano della realtà», sostiene lo stratega russo, riproponendo la tesi secondo cui un cambio di approccio da parte del blocco atlantico potrebbe essere sufficiente per fermare le ostilità. Un’apertura che appare paradossale, considerando che arriva a meno di 24 ore dall’annuncio di Putin sulla produzione in serie di missili ipersonici, capaci di colpire anche obiettivi in Europa.
L’ombra dell’arma nucleare: una “decisione estrema” non esclusa
Un’affermazione che fa pensare. Medvedev dice chiaramente che «i rischi sono elevati, ma ciò non significa che siano irreversibili». Precisa, però, che l’ultima parola spetta al «comandante supremo in capo», il presidente Putin, sempre più zar, lasciando intendere che ancora nulla è deciso. La Russia sta giocando a poker, alza la posta, rilancia, tutto per intimorire l’avversario ad abbandonare il tavolo.
Una pace “a condizioni russe”
Le dichiarazioni di Medvedev sono l’ennesimo tassello di una strategia comunicativa che punta a ribaltare la narrazione occidentale del conflitto, con quel meccanismo di allusioni, mezze parole e fake news che sono il perno del caos da disinformazione e parte integrante della guerra ibrida. La pace, secondo la versione di Mosca, non è irraggiungibile, ma deve avvenire alle loro condizioni. Tradotto: l’Ucraina dovrebbe accettare le perdite territoriali e l’Occidente dovrebbe ritirarsi dal suo sostegno attivo a Kiev. Una proposta chiaramente irricevibile per i Paesi Nato, che considerano il supporto all’Ucraina una linea rossa.
A rimarcarlo, il segretario generale Mark Rutte, che è volato in Florida per discutere con il presidente eletto Donald Trump su come «affrontare collettivamente» le sfide. «Corea del Nord, Iran, Cina e ovviamente Russia stanno lavorando insieme contro l’Ucraina» e «costituiscono una minaccia per gli Usa oltre che per l’Europa», dichiarava Rutte a margine di un recente summit a Budapest.
Il silenzio calcolato su Pyongyang e il sabotaggio nel Mar Baltico
Proprio su quest’ultima, che in molti chiamano “l’alleanza del male”, sono due le questioni passate sotto traccia in questi giorni, oscurate dall’allarme missili. Lloyd Austin, capo del Pentagono, ha parlato di altri 10.000 soldati nordcoreani integrati nelle formazioni russe che andranno a schierarsi lungo il confine ucraino. Nel frattempo, lunedì sono avvenuti due episodi di sabotaggio subacqueo nel Mar Baltico ad opera della nave cinese Yi Peng 3. Entrambe le circostanze sollevano interrogativi sul coinvolgimento diretto o indiretto del Cremlino, ma per ora la linea ufficiale di Mosca resta di negazione o silenzio.
Crosetto: “Putin non allargherà la guerra ad altri”
Eppure, «non credo che Putin voglia allargare la guerra ad altre nazioni», ha dichiarato il ministro della difesa Crosetto, non dimenticando che «c’è sempre da preoccuparsi quando si è di fronte ad una persona che ha deciso di far attraversare i propri carri armati alle proprie truppe il confine di uno Stato sovrano».
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