Emergenza bivacchi di notte in alta quota: «Sono pericolosi: giro di vite sui controlli»
Un nuovo allarme in montagna. Con annuncio di un – ulteriore – giro di vite sui controlli. E quindi di possibili sanzioni.
La Fondazione Dolomiti Unesco raccoglie la preoccupazione dei gestori di rifugio riuniti a Erto, Cimolais e Claut e la rilancia: influencer e social promuovono comportamenti sempre più scorretti in montagna, come il campeggio in quota, anche nei siti vietati.
«La Regione vieta il campeggio, ad eccezione che nelle aree autorizzate», ricorda Renato Frigo, presidente regionale Cai, «Sappiamo che le autorità di competenza, Forestali, polizia locale e guardiani dei parchi sono già vigili. Ma ora bisogna intensificare i controlli, intervenendo nelle situazioni di palese criticità anche con la necessaria severità, quindi con le sanzioni».
Nel mirino non ci sono i campeggi autorizzati, ma quelli appunto improvvisati.
Il vertice
Il 21 e 22 novembre si è svolto in Valcellina l’ottavo incontro annuale dei Gestori di Rifugio dell’area core delle Dolomiti Patrimonio Mondiale. Un appuntamento organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco.
«L’ambiente intorno al rifugio sta cambiando rapidamente, chiamando in causa esigenze logistiche nuove e la scarsa consapevolezza e preparazione di chi frequenta le Dolomiti, spesso adottando comportamenti scorretti» fa sintesi di quanto emerso la stessa Fondazione Dolomiti Unesco, «Molti gestori hanno evidenziato a questo proposito che, anche per l’effetto emulativo creato dai social, stanno aumentando l’utilizzo dei bivacchi e i pernotti in tenda non per emergenza ma per vivere un’esperienza outdoor, con la pretesa però di godere dei servizi erogati dai rifugi».
I divieti
Nei Parchi è vietato campeggiare. Ovunque nel Parco d’Ampezzo, salvo le tende alpinistiche (di chi arrampica).
Il Parco nazionale delle Dolomiti ha riservato delle aree specifiche, all’esterno delle quali c’è il divieto.
«Ma succede sempre più spesso», sottolinea Mario Fiorentini, presidente dell’associazione Agrav che raggruppa i gestori, «che sull’onda dei social, magari dell’influencer che si fa fotografare in tenda al lago Sorapis, gli emuli si moltiplichino. Magari in gruppo. E magari campeggiano vicino ai rifugi, immaginando che in caso di rischio il rifugio possa e debba prestare soccorso. E in verità lo facciamo, ma quando di sera o di notte si presentano in 10 o 20 di loro, dove li alloggiamo?».
La situazione più problematica è quella dei bivacchi, per i quali non è prevista la prenotazione. Ma di solito un bivacco ha posti letto che stanno in una mano, al massimo due.
Nelle serate del fine settimana, invece, il Biasin a Forcella Pizzòn d’Agner (2.650 metri) piuttosto che il nuovo Fanton a Forcella Marmarole si riempiono di avventori, tanti dei quali sono costretti a bivaccare all’esterno.
Per non dire di quanti si fiondano fin sulla vetta del Civetta e per i più diversi motivi si fanno soccorrere, prima dal rifugista del Torrani, poi dal Suem. Per non dire, ancora, dei patiti delle mtb o delle e-bike.
«Gli utilizzatori di e-bike arrivano in rifugio magari percorrendo itinerari vietati e poi pretendono che io rifugista» protesta Fiorentini, che gestisce il Città di Fiume, «dia loro energia per la ricarica. Non può funzionare così».
Le sfide
«Sappiamo che per tramandare il patrimonio mondiale dobbiamo affrontare le sfide imposte dalla crisi climatica, dal grande movimento di turisti, dal modo con cui oggi si tende a vivere la montagna; sono questi i temi che hanno animato il confronto tra i rifugisti» dice la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela a conclusione del raduno in Valcellina.