Triestina uccisa durante la battuta di caccia a Basovizza: dopo l’autopsia la battaglia legale
Il corpo della sessantenne triestina Denise Marzi Wildauer, uccisa giovedì scorso a Basovizza con lo sparo di un fucile durante una battuta di caccia, è stato sottoposto ad autopsia. Se n’è occupato il dottor Carlo Moreschi, professore di Medicina legale al Dipartimento area medica dell’Università degli Studi di Udine.
Lo specialista è stato nominato dal pm Ilaria Iozzi, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, iscrivendo nel registro degli indagati Dario Peracca, il settantaquattrenne muggesano da cui era partito il colpo. Sul caso stanno lavorando la Squadra mobile e la Polizia scientifica.
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La ricostruzione
Erano circa le dieci di mattina di giovedì: i due stavano partecipando alla battuta assieme a una quindicina di soci della Riserva di Basovizza. L’obiettivo, come d’abitudine di giovedì in questo periodo di stagione venatoria, erano i fagiani e le lepri. Una parte perlustrava l’area del monte Cocusso, l’altra la zona compresa tra la Foiba e il bosco Bazzoni nei pressi della Grotta Nera. L’incidente si è verificato in una radura localizzata a qualche centinaio di metri a ridosso della Foiba.
Marzi e Peracca erano assieme a due compagni che si muovevano tra la vegetazione a non molta distanza. Poi lo sparo, con la sessantenne che si è accasciata perdendo sangue.
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Le parole del cacciatore
Peracca ha raccontato al Piccolo di essere stato investito da un ramo che aveva urtato il suo fucile spostandolo in direzione di Marzi (in quel momento situata dietro di lui) e facendo partire lo sparo. La donna si trovava a tre-quattro metri di distanza ed è stata ferita in numerosi punti, anche in organi vitali.
Per quel tipo di attività si usa un munizionamento spezzato, formato cioè da pallini il cui diametro varia a seconda della cartuccia usata. Il proiettile, quando esce dalla canna del fucile, irradia molteplici pallini di piombo formando una rosata. Con l’attrito dell’aria si allargano a raggiera.
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Uno di questi pallini ha reciso l’arteria femorale della vittima, altri l’hanno penetrata in varie parti del corpo, anche nell’intestino e nei polmoni. Nessuno degli altri compagni di caccia ha visto la scena: uno, il più vicino, in quell’istante aveva la testa alzata e rivolta verso un albero, intento a cercare un fagiano. Non ci sono quindi testimoni diretti.
La corsa in ospedale, poi l’esito fatale
La sessantenne, comunque, benché fosse in corso una grave emorragia, è rimasta cosciente. Quando è stata portata al Pronto soccorso stava quasi morendo dissanguata, ma i sanitari del 118 sono riusciti comunque a tenerla in vita. La paziente, sottoposta a un lungo e delicato intervento chirurgico, è deceduta di sera.
La battaglia legale
La drammatica vicenda apre ora una battaglia legale (e anche assicurativa) di non poco conto. In campo ci sono penalisti di una certa esperienza: Peracca si è affidato all’avvocato Riccardo Cattarini; mentre la famiglia di Denise Marzi (più precisamente in questo momento il fratello, il presidente della Trieste Trasporti Maurizio Marzi) ha ingaggiato l’avvocato Giorgio Borean il quale, dal canto suo, ha nominato come consulente medico legale il dottor Enrico Belleli.
Le indagini
Dopo l’autopsia è possibile che la Procura disponga anche una perizia balistica per stabilire le traiettorie e le distanze dei pallini. Non semplice se si considera l’effetto a “rosata” che producono andando a formare una sorta di sciame allungato. Da quanto risulta, Peracca, quando è partito il colpo mortale, non aveva la sicura azionata e teneva la canna puntata verso terra.—
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