Edwin Maria Colella: «Quando si parla di rischi connessi all’identità digitale, è opportuno lavorare sulla consapevolezza»
Cosa significa lavorare quotidianamente per tutelare le identità digitali, in un mondo sempre più connesso e che sta facendo sempre più ricorso ai servizi online per qualsiasi attività di routine? L’impresa non è semplice perché oggi, nonostante i grandi passi in avanti che sono stati fatti in termini di educazione digitale (con gli utenti che si mostrano sicuramente più informati rispetto ai rischi della rete), c’è ancora un gap da colmare a livello di consapevolezza. Wallife lavora da anni, ormai, per tutelare le identità digitali di semplici utenti ma anche di professionisti delle piattaforme online. Il punto di osservazione di questa azienda sul tema è sicuramente privilegiato. Per questo, abbiamo chiesto a Edwin Maria Colella, Chief Sales & Marketing Officer di Wallife, come stia andando l’attività di chi è impegnato nel fornire servizi agli utenti, a proposito della loro vita e delle loro azioni nel digitale.
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L’intervista a Edwin Maria Colella di Wallife
«Siamo molto entusiasti – ci ha detto Colella -. Stiamo raccogliendo l’interesse per oltre 117mila polizze rispetto ai nostri prodotti: significa che stiamo lavorando bene, anche con i nostri partner. Inoltre, abbiamo un catalogo prodotti molto ricco che ci consente di affrontare il 2025 con una serenità importante rispetto alle opportunità commerciali. Analizzare i rischi che nascono dall’applicazione delle tecnologie è un esercizio utile e porta risultati sia in termini di prodotto, sia in termini di riscontro di mercato. Ovviamente, tutto questo ci consente di avviare un percorso di crescita fondamentale per una start-up».
Non si tratta soltanto di individuare un percorso basato sui prodotti. Per poterli distribuire, su un tema così delicato, è fondamentale lavorare sulla consapevolezza degli utenti e sui rischi collegati alle proprie identità digitali. Ma significa, allo stesso modo, capire che – ormai – dobbiamo abituarci a due tipologie di fruitori di servizi online: quelli più “passivi” e quelli più “attivi”, che lavorano cioè con gli strumenti digitali.
«La consapevolezza è uno degli elementi più critici. Ci sono due mancanze rilevanti – spiega Colella -: la prima riguarda la consapevolezza del rischio, la seconda è la consapevolezza di come comportarsi nel caso in cui qualcosa dovesse accadere. Come azienda, abbiamo fatto diverse iniziative e ne abbiamo in cantiere molte altre sul tema dell’aumentare la consapevolezza dei rischi derivanti dal furto d’identità e queste iniziative sono dirette a diversi target: ai più giovani, alle persone che hanno bisogno di maggiore attenzione, ma anche a tutti noi. Chi scarica la nostra app, che è un elemento importante di mitigazione del rischio, può avere a disposizione un elemento formativo da questo punto di vista».
Wallife si distingue particolarmente per il contributo che offre ai professionisti del digitale: questi ultimi sono molto più esposti ai rischi connessi alle proprie identità virtuali. Un’esposizione che non è solo economica (il furto d’identità visto come truffa rispetto a un conto corrente), ma è anche lavorativa, reputazionale, patrimoniale. «Stiamo lavorando tantissimo sui professionisti di questo ambito. È sottovalutata la numerica di questo bacino che va dai content creator, ai blogger, ai videomaker, ai fotografi, fino ad arrivare a tutte le altre professioni digitali. L’identità digitale non è soltanto l’accesso al proprio account bancario, ma è anche accesso al patrimonio personale: si pensi ai contenuti realizzati da un videomaker o l’account social di un content creator che rappresenta per lui il lavoro quotidiano. Il nostro prodotto dedicato a questo segmento ha il vantaggio di coprire anche i danni derivanti dall’interruzione dell’attività professionale».
Come si può tutelare l’identità digitale di un professionista dell’online
Ma come si fa, oggi, a tutelare l’identità digitale di un professionista dell’online? Cosa cerca in uno strumento di protezione? Edwin Maria Colella ha provato a spiegarcelo: «Per un professionista che dovesse decidere di acquistare una polizza (che ha un costo di 120 euro all’anno), l’onboarding è abbastanza semplice: è sufficiente acquistare la polizza online o attraverso uno dei nostri agenti. Al momento della sottoscrizione di questa polizza avrà un massimale che arriva a 50mila euro per quanto riguarda i rimborsi delle perdite economiche (l’accesso non autorizzato a conti corrente, a strumenti di pagamento e siti di e-commerce). Lo stesso massimale viene utilizzato anche per un’indennità giornaliera d’interruzione del lavoro. Si tratta di un elemento di distinzione tra l’attività di un professionista in generale e quella di un professionista digitale: in questo caso si calcolano i redditi degli ultimi tre mesi, con una media giornaliera di fatturato. In proporzione a questa, si calcola l’importo quotidiano che viene rimborsato per ogni giorno di interruzione dell’attività. Se ci fossero, poi, delle conseguenze legali che occorrono al professionista del digitale per potersi tutelare, c’è anche un rimborso fino a 60mila euro delle spese connesse. Infine, ci sono delle garanzie più contenute che riguardano i danni conseguenti e il supporto psicologico, oltre alla possibilità di ottenere la cancellazione di contenuti online lesivi della loro reputazione».
È importante, in questo settore, trovare una interlocuzione anche con le principali piattaforme dove si verificano i furti d’identità. Le piattaforme di e-commerce, ad esempio, ma anche i social network. Oltre a una serie di tavoli tecnici con realtà della portata di Meta, Wallife ha sviluppato un dialogo privilegiato con le piattaforme di gaming: «Siamo coinvolti su diversi tavoli con piattaforme rilevanti per gli utenti: l’attenzione su questi temi è per loro stesse d’interesse – conclude Colella -. Si pensi ad esempio alle piattaforme di gaming, di eSports: gli incontri con questi soggetti sono stati molto particolari. C’è un atteggiamento di grande proposizione su questi temi».
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