Devono rimuovere immediatamente ogni riferimento alla parola “formaggio” dai loro prodotti, altrimenti rischiano sanzioni fino a 30 mila euro. È questo il contenuto di una diffida che il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha inviato a un piccolo caseificio vegano artigianale a gestione familiare del Bolognese. Da anni l’azienda produce alternative vegetali che replicano il gusto, la consistenza e l’esperienza dei formaggi tradizionali, promuovendo la sostenibilità ambientale e alimenti che non utilizzano ingredienti di origine animale. Ma per il dicastero guidato da Francesco Lollobrigida quel riferimento al “formaggio” per prodotti completamente vegetali va eliminato.
Il “Caseificio Vegano di Barbara Ferrante & C.” ha ricevuto la diffida del ministero dell’Agricoltura il 27 novembre scorso, a seguito di un controllo sull’e-commerce aziendale: un atto che fa riferimento al Regolamento (Ue) n. 1308/2013 che afferma che termini come “formaggio” sono legalmente riservati ai prodotti lattiero-caseari di origine animale. Neppure le specifiche chiaramente riportate sui prodotti, come “alternativa vegetale al formaggio” o “alimento vegetale a base di bevanda di soia/mandorla“, sono state ritenute sufficienti per rispettare la normativa. In più, il ministero ha giudicato ambigue alcune dichiarazioni presenti sul sito, come “solo ingredienti di alta qualità” e “naturalmente senza colesterolo“, perché considerate non conformi per le normative europee.
“È difficile fare una lettura serena di questa diffida”, commenta la proprietaria del Caseificio, Barbara Ferrante: “Trovare un equilibrio tra rispettare la normativa e comunicare chiaramente ai consumatori è sempre stato il mio obiettivo. È palese – aggiunge – che chi compra i miei prodotti non può essere ingannato: chi cerca un’alternativa vegetale sa benissimo che non contiene latte o ingredienti animali. Scrivere ‘formaggio’ mi sembrava naturale, perché parliamo di formaggi vegani. Ora però mi chiedo: come li dovrei chiamare?”.
Seguendo i consigli del suo avvocato e per evitare l’eventuale sanzione, Ferrante sottolinea che si adeguerà alla legge “anche se ritengo che sia profondamente ingiusta”. “Questa diffida segna però – sottolinea – l’inizio di una battaglia: non possiamo più tollerare che un settore etico e sostenibile venga costantemente penalizzato. La nostra stessa esistenza fa emergere contraddizioni insanabili all’interno di un modello produttivo che sopravvive unicamente grazie a un consistente drenaggio, peraltro poco trasparente, di risorse pubbliche”.
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