Udine, impennata di frutta e verdura: a ottobre aumenti fino al 9%
L’inflazione a ottobre è rimasta stabile rispetto a settembre, mentre ha registrato un aumento del 2,1% in confronto all’anno precedente.
Quello che però spicca, nel raffronto mensile, è l’impennata dei costi dei prodotti alimentari, soprattutto per quanto riguarda la frutta (+3%) e i vegetali (+9,1%): un aumento che pesa sul carrello della spesa e sulla quotidianità dei cittadini.
Il Comune di Udine, in contemporanea all’Istat che ha rilasciato i dati definitivi nazionali, ha comunicato i dati locali relativi all’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) del mese di ottobre.
«Stiamo vivendo un periodo di stagflazione – argomenta il vicesindaco Alessandro Venanzi – con da una parte una stagnazione economica e un blocco dei consumi e dall’altra un aumento del costo delle materie prime e la diminuzione del valore del denaro.
Dal punto di vista economico-finanziario – argomenta Venanzi – è necessario aumentare gli investimenti. Anche noi, nel nostro piccolo, stiamo cercando di fare questo». «Le verdure costavano molto a causa della crisi climatica – spiega Andrea Freschi, presidente provinciale e coordinatore regionale della Federazione italiana dettaglianti alimentari, nonché componente del consiglio nazionale –: hanno influito, a luglio e ad agosto, le alte temperature e la siccità nel territorio nazionale come in quello europeo.
Questo va contestualizzato, infatti, non solo alla nostra regione, ma a tutte le zone di produzione. I pomodori da noi arrivano dal Veneto, come dal Sud Italia.
Ad agosto, anche in regione, le piante come zucchine, pomodori, cetrioli hanno subito un fermo totale a causa del clima. Si è ridotta la disponibilità generale e si è attinto ad altre zone, con la conseguente lievitazione dei prezzi. Anche quello che è successo in Spagna avrà il suo peso: sono stati colpiti gli agrumi, i peperoni, i pomodori».
Tuttavia, secondo Freschi, va evidenziato il fatto che «i prezzi analizzati sono vecchi ormai di un mese e, nel frattempo, le cose possono essere già cambiate». Alcuni costi – sottolinea – a novembre ono diminuiti. Gli agrumi sono scesi in maniera importante, perché ci sono i primi prodotti italiani e il loro costo è diminuito addirittura rispetto al 2023. I prodotti di stagione come cavoli, finocchi, broccoli sono diminuiti di prezzo pure in maniera importante.
Anche le mele locali costano un po’ meno, dal 5 al 10%, rispetto all’anno scorso, questo perché c’è stata una discreta disponibilità e una buona qualità del prodotto».
Per spendere meno, cosa fare? «Conviene comprare prodotti che arrivano dall’estero. L’olio nazionale – indica Freschi –, che già dal 2023 era aumentato rispetto all’anno prima, costa il 30% in più di quello spagnolo o nordafrico. Ma attenzione, a differenza dei prodotti importati, quelli italiani hanno maggiori garanzie sulla qualità. Il pericolo peggiore – continua – è che chi non ha la disponibilità a spendere finisca per accontentarsi, abituandosi a un prodotto mediocre a scapito dell’ottima tradizione culinaria italiana».
Tra le altri voci del paniere, aumentano nel raffronto mensile (+1,8%) e annuale (3,7%) le spese di istruzione, mentre diminuiscono quelle relative ai servizi recettivi e di ristorazione, ma solo nel confronto rispetto a settembre (-1,6%), dal momento che sono in salita (+1,7%) nella variazione annuale.