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Morte di Moussa Diarra, cosa hanno ripreso le telecamere in stazione a Verona e perché manca la ripresa diretta degli spari dell’agente

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VERONA – Che cosa hanno ripreso le telecamere installate nella stazione ferroviaria di Porta Nuova a Verona quando, il 20 ottobre scorso, un poliziotto ha ucciso con un colpo di pistola il ventiseienne Moussa Diarra, cittadino del Mali? La domanda rimbalza da due mesi, perché in quei video è nascosta la verità su ciò che è accaduto quando l’uomo ha danneggiato le vetrine della tabaccheria e della biglietteria nell’atrio della stazione e poi, in evidente stato di alterazione, si sarebbe avventato contro due agenti. Uno di loro aveva sparato tre colpi di pistola, uno dei quali mortale, un secondo in aria e un terzo che aveva sfiorato Moussa, andando ad infrangersi contro un vetro.

Il procuratore capo Raffaele Tito ha deciso di dare per la prima volta una spiegazione ufficiale su quale fosse la collocazione e la funzionalità dei video, anche perché notizie di stampa hanno affermato che la telecamera principale, posta sulla facciata della stazione, non fosse funzionante, mentre un’altra avesse raccolto immagini sbiadite e da lontano. La Procura ha emesso una nota proprio nel giorno in cui gli avvocati del fratello di Moussa, Paola Malavolta e Francesca Campostrini, si sono recate dai pubblici ministeri chiedendo di visionare tutto il materiale videoregistrato a disposizione degli inquirenti, ai fini di una perizia della parte civile. Per il momento la richiesta non è stata accolta e le immagini restano coperte dal segreto istruttorio negli uffici della Polizia scientifica di Padova.

“In riferimento alle indagini preliminari sul tragico episodio che ha portato alla morte del giovane Diarra Moussa, sento la urgente necessità, siccome apprendo essere in circolazione informazioni non esattamente corrette, di chiarire alcuni aspetti riguardanti il funzionamento del sistema di riprese video della locale stazione ferroviaria, luogo dove è avvenuto il fatto”. Questa la premessa del procuratore, che non indica a quali informazioni si riferisca, anche se in città sta crescendo l’attenzione visto che gli amici di Moussa ed esponenti della società civile hanno indetto una conferenza stampa per venerdì 13 dicembre.

Tito fissa alcuni punti fermi. Il primo: “Il decesso è avvenuto pacificamente all’esterno dell’immobile verso le ore 7-7,10 del mattino”. Quindi la sparatoria non si è verificata nell’atrio interno della stazione, ma oltre le porte di accesso.

Il secondo punto si riferisce alle telecamere esterne: “Esistevano ed esistono tre sole telecamere che riprendono ed hanno ripreso l’esterno dell’immobile. Una è indirizzata verso il piazzale e ha potuto così documentare uno dei tre colpi esplosi. Le altre due telecamere, se pur posizionate relativamente e lateralmente lontano dal luogo del fatto, hanno ripreso e registrato il momento degli spari e la caduta a terra del giovane ragazzo”. Quindi tutte e tre le telecamere funzionavano, anche se quelle che hanno ripreso la caduta di Moussa erano lontane. Manca, di conseguenza, una ripresa diretta degli spari. Nessuna indicazione, invece, su possibili telecamere panoramiche installate nel piazzale e su eventuali riprese in direzione della facciata.

Il terzo punto fissato dal procuratore riguarda ciò che è accaduto nell’atrio della stazione, dove Moussa ha danneggiato un vetro della tabaccheria e la vetrata di accesso alla biglietteria di Trenitalia che apre alle 7. In quel momento c’erano già alcuni addetti alla vendita dei biglietti. “All’interno della stazione ferroviaria – scrive Tito – sono posizionate una decina di telecamere che hanno potuto riprendere e registrare il movimento delle persone coinvolte. Una sola di queste telecamere, pur apparentemente funzionando, non ha però registrato le immagini. Questa telecamera, posizionata – come un’altra che ha registrato – nell’atrio centrale della stazione, luogo da cui sono usciti sia il Moussa che i due poliziotti, non è nemmeno certo che avrebbe ripreso le fasi antecedenti l’evento”.

In totale quindi c’erano almeno 13 telecamere. L’analisi delle immagini può chiarire cosa è accaduto prima dello sparo dei colpi, l’atteggiamento di Moussa, il fatto se avesse per davvero in mano un coltello, la distanza tra l’uomo e gli agenti, eventuali contatti fisici. L’inchiesta si gioca su questa dinamica, tra soggetti in movimento, avvenuta alla presenza di alcuni testimoni. La nota del procuratore conclude: “Questo Ufficio è in attesa di ricevere un elaborato più completo e definitivo da parte della Polizia scientifica di Padova”.

Proprio il fatto che ad occuparsi delle indagini sia la Polizia non è condiviso dalle avvocate Malavolta e Campostrini. “Come ha detto più volte la Corte Europea dei Diritti Umani, a procedere dovrebbe essere un’autorità diversa da quella del corpo di appartenenza di un indagato”. I legali hanno chiesto un incidente probatorio su telecamere e registrazioni, in modo da fissare il valore delle prove, nel contraddittorio delle parti e dei loro periti. La Procura si è invece limitata a inviare il materiale alla polizia Scientifica. “Il nostro scopo è quello di contribuire all’accertamento della verità, ma abbiamo dovuto prendere atto che anche le testimonianze, decisive per la ricostruzione dei fatti, sono rimaste nella sola disponibilità della Procura”. Qual è il timore della parte civile? “Che vi possano essere delle ingerenze”.

L'articolo Morte di Moussa Diarra, cosa hanno ripreso le telecamere in stazione a Verona e perché manca la ripresa diretta degli spari dell’agente proviene da Il Fatto Quotidiano.




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