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Rivolte alla caserma Serena a Treviso: in 10 a processo per saccheggio

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Le rivolte e il saccheggio della caserma Serena nel giugno 2020, quando gli ospiti della struttura furono costretti a rimanere chiusi in quarantena, a causa dei primi casi di Covid riscontrati nell’ex presidio militare ai confini tra Treviso e Dosson, tornano a sotto i riflettori dei giudici del tribunale di Treviso.

Giovedì mattina, 12 dicembre, il secondo filone d’indagine dei disordini alla Serena nell’estate di quattro anni fa è approdato davanti ai giudici del collegio, presieduto da Gianluigi Zulian (a latere Marica Loschi e Laura Contini).

Dieci gli immigrati finiti a processo per rispondere, a vario titolo, di accuse che vanno dal sequestro di persona (per aver costretto il personale sanitario e gli operatori della Nova Facility che stavano effettuando i tamponi ad asserragliarsi in una stanza per scampare alle violenze) al danneggiamento e alla devastazione per passare a reati quali la resistenza a pubblico ufficiale.

Si tratta di Ayo Momoh, 37 anni, nigeriano, Abdulha Coly, 27 anni, gambiano, Abdoulaye Condè, 32 anni della Guinea, Odafin Sunday, 32 anni, nigeriano, Bashiru Sule, 28 anni, nigeriano, Osazuwa Enobakhare, 28 anni del Benin, Boubacar Diallo, 31 anni della Guinea, Dembo Cissoko, 25 anni, senegalese, Shedrack Amadi, 27 anni, nigeriano, e Sadio Djiba, 27 anni, senegalese (difesi dagli avvocati Jacopo Stefani, Alessandro Cavagnero, Roberto Veroi, Francesco Pagotto, Nicola Poloni, Marco Arrigo, Enrico Genovese, Giovanni Maccarrone e Francesco Pagotto).

Assieme a quella del sequestro dell’equipe medica, l’accusa più pesante è devastazione di cui devono rispondere sette dei 10 imputati. Furono identificati dopo un’attenta analisi dei filmati effettuati dalla Digos e dal reparto mobile della polizia che presidiarono la caserma giorno e notte in quel drammatico periodo.

Secondo le contestazioni della procura il saccheggio avvenne danneggiando beni mobili e immobili, sfondando pareti di cartongesso, danneggiando il materiale informatico, devastando le macchinette che distribuivano cibo e bevande, ribaltando i cassonetti della nettezza urbana, lanciando biciclette contro gli agenti e il personale sanitario in servizio alla Serena.

A sobillare, secondo l’indagine della polizia, la rivolta degli immigrati erano stati tre africani, già processati in un altro procedimento. Per la verità ce n’era un quarto, Chaka Ouattara, 23 anni, originario del Mali, che si suicidò nel novembre del 2020 mentre era in carcere a Verona in attesa di essere processato.

Per i presunti sobillatori la sentenza dei giudici del collegio di Treviso dell’ottobre del 2023 fu quasi una vittoria per le difese. I tre imputati Amadou Toure, 30 anni del Gambia, Mohamed Traore, 39 anni del Mali e Abdourahmane Signate, 33 anni del Senegal, furono assolti dalle accuse di devastazione, saccheggio e resistenza a pubblico ufficiale. Le condanne, lievi rispetto al massimo prospettato, riguardarono soltanto dei parziali sequestri di persona avvenuti nelle due giornate calde degli scontri, l’11 e il 12 giugno 2020. Signate e Traore furono condannati a un anno e 8 mesi in primo grado mentre Toure a due anni. Per tutti la pena era stata sospesa.

Il processo invece per i dieci imputati, iniziato con il deposito della lista dei testimoni di pubblica accusa e difesa, entrerà nel vivo delle testimonianze il prossimo 13 febbraio.




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