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Ci sarà referendum sull’autonomia differenziata: i banchetti ci hanno raccontato un’Italia diversa

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La comunicazione da parte dell’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione, che dà il via libera per il referendum di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata rappresenta un ulteriore momento felice della lunga e inesausta lotta che i Comitati per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti stanno portando avanti da oltre 6 anni.

Dopo la creazione di un comitato referendario (su iniziativa soprattutto della Cgil e presieduto dal prof. Giovanni Maria Flick) e il deposito in Cassazione il 5 luglio del quesito abrogativo della legge 86/24, approvata solo pochi giorni prima – la cosiddetta autonomia differenziata – abbiamo trascorso, insieme a tantissime altri soggetti e persone impegnati a difendere la democrazia e la partecipazione popolare, i mesi di luglio e agosto più caldi di sempre a raccogliere firme per ottenere il referendum popolare. Ne servivano 500mila, ne abbiamo depositate in Cassazione quasi 1.300.000, raccogliendole in poco più di 2 mesi. Il momento della raccolta ha consentito l’allargamento della conoscenza di una materia difficile quanto ostica e della platea dei soggetti coinvolti.

I banchetti ci hanno raccontato un’altra Italia: quella del “vi ho tanto cercato, finalmente vi ho trovato”; quella del “ho già firmato, posso firmare un’altra volta?”; quella dell’evocazione dei sacrifici della lotta di Resistenza. È anche grazie a quello sforzo titanico se l’autonomia differenziata è passata da materia “orecchiata” e di cui pochissimi sapevano qualcosa di preciso a tema di riflessione più diffuso. Nonché – si vedano a questo proposito i vari rilevamenti compiuti da Ilvo Diamanti – a tema progressivamente sempre più sgradito, persino al Nord.

Poi è stato il turno della sentenza della Corte Costituzionale (n. 192/24), a seguito del ricorso sulla incostituzionalità totale o parziale della legge sporto da 4 regioni; una sentenza arrivata poco più di una settimana fa, ma preceduta da un comunicato inequivocabile: la Corte ha dichiarato incostituzionali ben 14 disposizioni della legge Calderoli, pur facendone sopravvivere l’impianto. Oggi l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione si è espresso sui quesiti referendari, parziali e totale: è legittimo il trasferimento del solo quesito totalmente abrogativo su quel che resta della legge 86/2024, dopo l’intervento della Corte Costituzionale. Avanti con il referendum, sulla base del quesito abrogativo. Viene respinto invece il quesito parzialmente abrogativo presentato dalle 5 regioni di centrosinistra.

Ora la parola definitiva passa alla Corte Costituzionale che, entro il 20 gennaio, dovrà pronunciarsi sulla ammissibilità del nostro quesito. Un passaggio fondamentale, che attendiamo con trepidazione, ma convinti/e della bontà e della fondatezza delle nostre ragioni. Se la Consulta ammetterà il referendum, sarà necessario portare a votare – in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno – 25.607.175 persone, cioè la meta più uno di 51.214.348 (gli aventi diritto al voto alle recenti elezioni europee del 9 giugno ’24, secondo i dati del Ministero dell’Interno). Un ruolo fondamentale in un passaggio così delicato, che dovrebbe ribaltare i dati di affluenza degli ultimi lustri, lo avranno gli italiani all’estero, che sono poco meno di 6 milioni. Detta così, incute timore, anzi terrore.

Ma ci sono una serie di valutazioni da fare sulla peculiarità del referendum – e di questo referendum – che faremo eventualmente quando e se la Corte – come ci auguriamo – decretasse l’ammissibilità del quesito abrogativo. Intanto ferve l’organizzazione da parte dei Comitati per il Ritiro di ogni autonomia differenziata di convegni sull’ammissibilità, con la collaborazione dell’associazione Salviamo la Costituzione: a quello di Milano alla Camera del Lavoro del 30 novembre è seguito quello di Napoli all’istituto di Studi Filosofici. Sabato sarà il turno di Trieste; il 18 a Ravenna; il 20 a Roma, presso la sede di Left; il 10 gennaio a Torino. Coinvolti i/le costituzionalisti/e: Algostino, Azzariti, Cabiddu, Ciolli, De Fiores, De Minico, Iannello, Pallante, Ronchetti, Villone.

Vale la pena di ricordare la bizzarra (per usare un eufemismo) reazione che il governo e le regioni capofila dell’autonomia differenziata hanno avuto in occasione dei passaggi ricordati. Il 25 settembre, il giorno prima della consegna di 1.300.000 firme in Cassazione, il ministro Calderoli tuona: “Referendum inammissibili, rischio di spaccare il paese”. Per un signore che ha scritto una legge definita “SpaccaItalia” (così è chiamata l’autonomia differenziata) l’affermazione suona farsesca.

Intanto, qualche giorno prima, il prof. Gianfranco Viesti, dalle colonne del Fatto, denunciava l’ “imbroglio dei Lep” ordito dal Clep (la cui attività è stata prorogata di un anno dal decreto Milleproroghe), presieduto dal prof. Cassese: “Un documento snello ma politicamente esplosivo; in esso si sostiene che i fabbisogni standard vanno calcolati “in base alle caratteristiche dei diversi territori, clima, costo della vita e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente”. Dunque, i fabbisogni (e quindi i diritti) vanno differenziati.

Innanzitutto, in base allo storico cavallo di battaglia della Lega, e cioè il supposto diverso costo della vita: dato che al Sud la vita costa meno, gli stipendi possono essere più bassi, e quindi il servizio deve costare meno; bastano meno soldi. Magari bastano già quelli che ci sono, e il governo fa tombola. Poi vanno differenziati in base alle dinamiche demografiche. Possibile interpretazione: dato che al Sud nascono meno bambini, perché spendere per gli asili nido? Invertendo la logica socioeconomica e politica, dato che la bassa natalità è anche conseguenza della relativa carenza di servizi. Chissà come verranno interpretate le caratteristiche climatiche.

E c’è poi un jolly: le “caratteristiche dei diversi territori”: requiem per l’art. 3 c. 2 della Costituzione. Ancora dopo la raccolta delle firme – e in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, sopraggiunta in dicembre – il ministro Calderoli apriva le trattative sulle materie “non Lep” con Veneto, Lombardia, Liguria e Piemonte; prima materia “contrattata” da devolvere alle regioni: la protezione civile, considerando i contestuali disastri ambientali in Emilia Romagna e Toscana…

Dopo la sentenza della Consulta, il presidente del Veneto, Zaia, dichiara che si “continua a lavorare per l’autonomia” e il ministro Calderoli afferma che “la gran parte dei rilievi possono essere agevolmente superati”.

In queste ultimissime ore, c’è spazio anche per chi vuole vedere a tutti i costi il bicchiere mezzo pieno; è il caso del presidente della Lombardia, Fontana, che afferma che la sentenza della Cassazione è una prova incontrovertibile della legittimità della legge Calderoli; infine, alcune “istituzionalissime” dichiarazioni di membri delle istituzioni, che invitano esplicitamente al non voto: Calderoli (“ah, c’è un referendum?”), Zaia. Avanti tutta, sembrano dire con la consueta spavalderia; ma si capisce che l’ipotesi referendaria non li rassicura affatto.

Mancano le dichiarazioni della “sorella d’Italia”, che tace da tempo sul tema. E sarà dura per una presidente del Consiglio – la cui “base” è convinta di difendere “Dio, Patria e Famiglia” e che l’ha votata credendo alle promesse di riscatto del Sud – invitare al non voto e soprattutto farlo chiedendo di non abrogare una legge che condanna definitivamente il Mezzogiorno. Quel che è certo è che il governo Meloni, il ministro Calderoli e la Lega subiscono un altro duro colpo che mina alle radici il disegno di autonomia differenziata.

Ora il ministro Calderoli deve fermare qualsiasi trattativa con le Regioni per lealtà istituzionale e per rispetto delle sentenze, e il governo non deve porre ostacoli al pronunciamento del popolo italiano sull’autonomia differenziata, che siamo certi sarà cancellata dal voto referendario, se la Corte ci darà il via libera.

L'articolo Ci sarà referendum sull’autonomia differenziata: i banchetti ci hanno raccontato un’Italia diversa proviene da Il Fatto Quotidiano.




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