L’abbraccio Russia-India: “Mezzo milione di barili di petrolio al giorno per 10 anni”. Così Modi aiuta Putin (anche ad aggirare le sanzioni Ue)
Un accordo valido dieci anni, mezzo milione di barili al giorno a fronte di un corrispettivo complessivo che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13 miliardi di dollari. È questo il pilastro dell’intesa che, stando alle indiscrezioni riportate da Reuters, l’India ha firmato con la Russia per garantirsi un afflusso costante di petrolio e alimentare, ma non solo, la propria economia in grande crescita. Il contratto tra la russa Rosneft e l’indiana Reliance rappresenta quello più significativo mai siglato da Nuova Delhi e Mosca sul fronte dell’energia. Del resto, il Paese asiatico ha reso progressivamente più calorosa la sua relazione bilaterale con la Federazione russa fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, astenendosi dal sanzionare le esportazioni di greggio del gigante degli idrocarburi. L’India è un mercato potenzialmente enorme: è già il terzo consumatore mondiale di petrolio e la scorsa estate Nuova Delhi ha sopravanzato Pechino come principale importatore di greggio proveniente da Mosca.
Va detto che, al momento, non sono arrivate conferme ufficiali in merito all’accordo, ma è probabile che un annuncio si concretizzi durante la prossima visita di Vladmir Putin in India, in preparazione per l’inizio del 2025. Qualora confermato, si tratterebbe di un successo diplomatico e commerciale per il Cremlino difficilmente sovrastimabile. Non solo perché, appunto, garantirebbe un accesso costante lungo un arco temporale di un decennio a un mercato così appetibile come quello indiano. A pesare è anche e soprattutto il momento in cui l’intesa arriva: pochi giorni fa l’Unione Europea ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia, che mirano a colpire nello specifico il settore energetico. In sostanza, l’obiettivo di Bruxelles è impedire a un numero crescente di navi che fanno parte della cosiddetta “flotta ombra” di Mosca di continuare a operare. Quest’ultima è composta da centinaia di cisterne in pessime condizioni, che solcano i mari issando bandiere di provenienza di Paesi come Panama o la Liberia e utilizzano vari stratagemmi assicurativi. Oltre all’evidente rischio ambientale causato da tale situazione, Mosca le utilizza per aggirare il tetto al prezzo del greggio – pari a 60 dollari al barile – che è stato introdotto a livello comunitario nel 2022 e che impedisce alle compagnie occidentali di collaborare con gli operatori che vendono al di sopra di tale livello.
I numeri del giro d’affari russo nel settore del petrolio sono impressionati: le stime più recenti indicano che tra febbraio 2022 e 2024 il Paese ha ottenuto entrate pari a 475 miliardi di dollari, vendendo principalmente a Cina e India. Rispetto a quest’ultima, la crescita è stata tale che la percentuale di greggio importato da Nuova Delhi sul totale esportato da Mosca è passato dall’1% del periodo precedente all’attacco nei confronti di Kiev, al 37% attuale. Non tutto il flusso viene utilizzato però internamente dal Paese asiatico. Un rapporto dell’istituto di ricerca indipendente Center for Research on Energy and Clean Air indica che nei primi nove mesi del 2024 le esportazioni indiane di carburanti raffinati verso l’Unione Europea sono aumentate del 58%. È evidente che si tratta di una situazione che, di fatto, consente alla Russia, seppur a fronte di una riduzione del proprio guadagno, di aggirare le sanzioni occidentali coadiuvata dall’India.
Come detto, l’accordo tra i due giganti rappresenta un successo soprattutto per Putin. Garantirsi entrate costanti è fondamentale per il leader russo per continuare a sostenere l’invasione dell’Ucraina e arrivare a sedersi all’ipotetico tavolo delle trattative diplomatiche che potrebbe aprirsi nel 2025 da una posizione di forza. L’India e la Russia sono sempre più vicine: il primo ministro indiano Narendra Modi si è recato a Mosca lo scorso luglio, il suo primo viaggio nel paese da febbraio 2022, una visita utile a rinsaldare i rapporti e a fissare target quanto mai ambiziosi. L’obiettivo ora è arrivare a un interscambio di 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, dagli attuali 66 miliardi circa, ampliando la cooperazione in ambiti come quello nucleare, ferroviario, farmaceutico, della cybersecurity e dell’aviazione. Un abbraccio sempre più stretto.
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