Il caso Caffo tra ottusità e cultura woke: un giudizio sensato non è possibile
“Chi non può razzolare male, si sforza di predicare bene”, è il noto detto fatto proprio, fra gli altri, dal filosofo Friedrich Nietzsche. Dietro al fanatismo e all’invasamento o, più semplicemente, dietro a posizioni moralistiche portate avanti con una drasticità incapace di contemplare buon senso e autocritica, spesso si nasconde il marciume più oleoso e maleodorante.
Il caso del collega filosofo Leonardo Caffo – recentemente condannato in primo grado a quattro anni per violenze sulla ex compagna – sembra rappresentare una conferma esemplare delle affermazioni di cui sopra. Costui è noto per le sue posizioni oscillanti fra il drastico e il moralistico: l’homo sapiens starebbe per essere spazzato via in seguito alla sua arroganza di specie, vittima di un antropocentrismo che non è quello dell’umano in genere, bensì del colpevole specifico di ogni male: “l’uomo bianco, eterosessuale, maschio e preferibilmente occidentale”.
Insomma, siamo nel bel mezzo dell’ideologia woke, quella nata per difendere a spada tratta (e già qui…) donne, animali e pianeta, ma che, in realtà, si rivela non di rado violenta, censurante, tetragona al dialogo e, alla fine, antiumana (nella sua furiosa utopia di eliminare tutte le differenze – per esempio fra umani e animali – e profetizzare l’imminenza di una postumanità tanto fumosa quanto totalitaria).
Nella nostra epoca sciagurata, chimicamente affamata di posizioni drastiche, moralistiche e sconvolgenti (in ossequio alla logica tardo-capitalistica dell’attenzione e dei like ad ogni costo), queste figure vengono esaltate e supportate mediaticamente senza alcun riguardo per la ragionevolezza di quanto sostengono e per la violenza che si cela sotto a cotanto moralismo. Non è per caso che, in questi giorni, i media dopo la condanna hanno dato la parola pressoché al solo Caffo – ignorando quasi del tutto la vittima delle presunte violenze – il quale ha visto bene di affidare le sue argomentazioni, di un narcisismo tanto delirante quanto vergognoso, a quel noto cassonetto di immondizia indifferenziata che è la trasmissione radiofonica “La Zanzara”.
Tocca prendere atto che l’umano esiste eccome – con buona pace delle teorie postumane à la Caffo – e non viene certo cancellato da qualche filosofia bislacca. Dirò di più: è proprio dietro a un certo moralismo di facciata che l’umano si rivela fin troppo umano, al punto da scadere nell’anti-umano.
Ciò è vero anzitutto per Caffo il più efficace smentitore delle sue stesse sciocchezze) che, se fossero confermate le accuse nei gradi di giudizio successivi, si rivelerebbe a tutti gli effetti un caso di pensatore la cui altezza dei pensieri confligge drammaticamente con la bassezza delle azioni concrete. Ma lo è anche per i suoi amici e supporter come Chiara Valerio – altra paladina del politicamente corretto a oltranza –, sempre in prima fila nel denunciare il “patriarcato” sotto le forme più varie e fantasiose, salvo poi invitare Caffo come se niente fosse quale ospite di una kermesse culturale dedicata nientemeno che alla memoria di Giulia Cecchettin. Sembrerebbe la trama di un film demenziale, se non fosse lo scorrere allucinante di un’epoca sciagurata e intrisa di mediocre ottusità.
Per la cronaca, ottime dosi di moralismo fanatico sono state proposte anche da coloro che, in nome del femminismo, si sono scagliati contro lo stesso Caffo a suon di slogan tanto demenziali quanto violenti: “Sorella, ti credo sempre e comunque”, come se a una donna in quanto tale fosse preclusa l’arte della menzogna e come se lo stato di diritto non contemplasse che la colpevolezza oggettiva può essere riconosciuta soltanto dopo il terzo grado di giudizio (Caffo e i suoi avvocati hanno fatto ricorso rispetto al primo grado).
Come ti giri, insomma, in questa epoca genuflessa alla mediocrità più imperante, ti ritrovi di fronte all’incapacità di un giudizio sensato, di una critica aperta a quelle sfumature che connotano l’intelligenza differenziandola dall’ottusità. Con buona pace di un sistema mediatico, televisivo e in genere spettacolare che esalta e promuove perlopiù soltanto il peggio. A meno di non voler credere che elementi quali Vittorio Sgarbi, Teo Mammuccari e Fedez (ex paladino della sinistra per i diritti civili, di cui si sono scoperte le frequentazioni con la feccia criminale più indegna, ma ovviamente prossimo ospite con tutti gli onori al Festival di Sanremo edizione 2025…) siano assurti alle luci della ribalta in virtù di un talento strabordante.
Certo, colpisce che in questo calderone di immondizia funzionale al teatrino mediatico dei like a ogni costo finisca anche un filosofo. Colpisce ma non sorprende, in un’epoca in cui una certa filosofia per prima si è fatta promotrice dell’ottusità più bieca, sacrificandosi sull’altare della visibilità e del successo. Manco a dirlo, l’unica filosofia che i grandi media esaltano e promuovono, perché il moralismo da quattro soldi e le teorie più bislacche costituiscono il pendant più fedele del nostro tempo mediocre e sciagurato.
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