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È morta Marisa Paredes, attrice musa di Almodóvar che ha sedotto con classe i nostri Benigni e Comencini

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Aveva 78 anni, e il suo tocco di grazia ha inciso in profondità sul regista più celebre e rappresentativo della Spagna che ne ha consacrato ruoli e talento con i film Tacchi a spillo e Il fiore del mio segreto. E oggi, nel giorno in cui non solo il suo Paese ma il cinema tutto le tributano l’estremo addio, non possiamo che rammaricarci per l’ineluttabile separazione da un’attrice come Marisa Paredes, musa del regista Pedro Almodóvar, grazie al quale ha raggiunto la notorietà internazionale.

È morta Marisa Paredes, attrice e musa di Pedro Almodovar

Una interprete di classe, l’attrice spagnola Marisa Paredes, morta oggi all’età di 78 anni nell’ospedale Fundación Jiménez Díaz di Madrid in seguito ad una complicazione di un problema coronarico. L’annuncio della scomparsa è arrivato con un post sui social dall’Accademia del Cinema spagnolo. Considerata uno dei migliori esempi di eleganza naturale del nuovo cinema spagnolo, nel 2000 era stata presidente della giuria del Festival di Berlino e nello stesso anno divenne presidente dell’Accademia del Cinema spagnolo. Non solo. Icona del cinema spagnolo e simbolo di classe e carisma istrionico di stampo iberico, la Peredes è stata insignita in patria del Premio Nazionale del Cinema nel 1996. Della Medaglia d’Oro al Merito delle Belle Arti nel 2007. E del Goya d’Onore nel 2018.

Attrice simbolo di classe e talento istrionico del cinema spagnolo

Nata a Madrid il 3 aprile 1946 in una famiglia di modesta estrazione sociale, Marisa Parades non terminò gli studi, e lavorò come apprendista presso una sarta. La passione per la recitazione la spinse, all’inizio degli anni Sessanta, a lanciarsi, giovanissima, nel mondo della carriera teatrale. Quindi, nel corso degli anni, a portare sulle scene opere del repertorio classico drammaturgico di sempre che, da Ibsen a Shakespeare, passando per Čechov e Camus, l’hanno definitivamente lanciata in una carriera che, dagli anni dell’apprendistato giovanile, non avrebbe poi conosciuto cali di successo e spinta propulsiva ad andare anche oltre. Parallelamente, tanto per non farsi mancare nulla, Marisa Peredes debuttò anche nell’universo catodico del piccolo schermo, senza per questo trascurare mai l’impegno cinematografico.

Marisa Paredes dal debutto alle parti secondarie ma in ruoli di rilievo

Tanto da comparire sul grande schermo finanche in ruoli secondari, ma di rilievo: a partire dal film Il diabolico dottor Satana (1961) di Jesús Franco. Poi, nel decennio successivo, ha ottenuto e accettato di buon grado ancora altre parti di secondo piano. Fino a quando Almodóvar – allora all’inizio della carriera – l’ha scritturata per L’indiscreto fascino del peccato (1983), dove l’attrice scomparsa oggi impersona suor Estiercól: una religiosa drogata e allucinata che vive nel convento delle “redentrici umiliate”. Da quel momento in poi la sua presenza sul set sarebbe stata sempre più richiesta.

Un successo e un impegno internazionali

Non a caso, successivamente Marisa Peredes ha interpretato numerosi film, prima di mettersi in luce nel ruolo di una celebre cantante pop in Tacchi a spillo (1991) di Almodóvar, ruolo che l’avrebbe consegnata all’immortalità di celluloide, complice la direzione di diversi maestri di sempre del cinema. E allora, è stata la maestra di cerimonie in Golem-Lo spirito dell’esilio (1992) di Amos Gitai, prima che Almodóvar le ritagliasse in Il fiore del mio segreto (1995) uno dei personaggi femminili più intensi, complessi e dolorosi del suo cinema. Ossia, quello di un’affermata scrittrice di romanzi rosa in crisi sentimentale con il marito. Un personaggio, quella della Peredes, che per questa interpretazione conquistò meritatamente un Premio Goya.

Marisa Paredes sui set cileni e messicani di Ruiz e Ripstein

Riconosciuta ormai a livello internazionale all’età di quasi 50 anni, Marisa Parades ha cominciato a estendere i confini della sua fama attoriale, arrivando ad essere chiamata anche da cineasti non spagnoli. Ha così interpretato la madre del giovane stupratore in Cronaca di un amore violato (1995) di Giacomo Battiato, prima di essere diretta dal cineasta cileno Raúl Ruiz in Tre vite e una sola morte (1996) – titolo presentato in concorso al Festival di Cannes 1996 –. E poi dal messicano Arturo Ripstein in Profundo carmesí nell’anno successivo (1996). E in Nessuno scrive al colonnello (1999), diretta sempre dallo stesso regista.

Passando per i ruoli d’eccezione con Benigni e Battiato, fino al ritorno con Almodóvar

Salvo passare poi, poco dopo, alla direzione registica di Roberto Benigni ne La vita è bella (1997), dove interpreta la madre di Dora (Nicoletta Braschi). Ha poi nuovamente collaborato con Almodóvar in Tutto su mia madre (1999) nel ruolo della popolare attrice teatrale che recita sul palcoscenico Un tram che si chiama desiderio. E in seguito in Parla con lei (2002) e La pelle che abito (2011).

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