Come ha fatto la rete IPTV illegale più vista in Italia a “sopravvivere” al Piracy Shield
Ci sono due elementi che, anche questa volta (come già accaduto nel corso dell’operazione Taken Down di qualche settimana fa), ribadiscono quanto sia del tutto errato il sistema del Piracy Shield. Il primo è rappresentato dal fattore temporale, il secondo da una dinamica strettamente collegata al funzionamento di Internet. Il recente smantellamento del più utilizzato sistema IPTV illegale in Italia (Italia TV) è la sintesi di tutto questo, visto che per quasi un anno – sugli oltre quattro di “attività” illecita -, la piattaforma fortemente voluta dal governo, su impulso della Lega Serie A e il sostegno di Sky e Dazn (detentori, in parti diseguali, dei diritti di trasmissione audiovisiva del massimo campionato di calcio italiano) non è riuscita a bloccare le trasmissioni.
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Infatti, se la piattaforma Piracy Shield (e il suo sistema) funzionasse correttamente – al netto della criticità tecnica delle operazioni di oscuramento di IP e DNS che hanno colpito anche siti “innocenti” -, l’IPTV illegale in questione (e anche le altre smantellate attraverso operazioni dirette) non avrebbe avuto alcuna possibilità di continuare a trasmettere “liberamente” quei contenuti protetti da diritto d’autore. E, invece, proprio le dinamiche delle tecnologie che alimentano la rete confermano come l’intero sistema ignori sostanzialmente il funzionamento della rete stessa.
IPTV illegale, come è “sopravvissuto” al Piracy Shield
La spiegazione del perché questa IPTV illecita sia riuscita a sopravvivere alla scure del sistema Piracy Shield è stata spiegata, in pochissime parole, dalla Guardia di Finanza nel suo comunicato stampa sull’operazione condotta su impulso della Procura della Repubblica di Napoli:
«Complessivamente, sono stati identificati oltre 6.000 utenti privati che avrebbero fatto accesso ai contenuti multimediali non autorizzati attraverso 46 siti web, di cui 19 inibiti nel corso delle indagini e 27 oggetto di sequestro in data odierna (mercoledì 18 dicembre 2024, ndr)».
Dunque, parliamo di accesso a contenuti “piratati” attraverso 46 siti internet, di cui 27 sono stati sequestrati nel giorno della chiusura dell’operazione e altri 19 sono stati inibiti nel corso delle indagini. Con il sistema Piracy Shield? Abbiamo qualche dubbio, perché in un altro passaggio in cui viene descritta l’operazione, la Guardia di Finanza spiega:
«Tra questi ultimi, figura anche il “sito madre”, ossia il link che, mediante un complesso sistema di re-indirizzamento, portava gli utenti ad un nuovo indirizzo web allorquando la pagina originale non era più esistente in rete».
Dunque, il sito-madre (quello principale) è stato sequestrato solamente nelle scorse ore e non è mai stato intercettato dal sistema Piracy Shield. Infatti, si basava su un link dinamico che re-indirizzava il traffico in caso di oscuramento su altri siti funzionanti. Dunque, anche se lo scudo anti-pirateria avesse mai incrociato quell’IP o DNS, gli utenti avrebbero comunque potuto raggiungere i contenuti e fruirne illecitamente.
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