Ragazze stuprate dal branco: in famiglia facevano pressione per non denunciare
Violenza e omertà. Le due ragazze, vittime di un orribile crimine, si sono trovate a dover affrontare non solo il trauma delle violenze subite, ma anche il silenzio complice dei propri familiari. Invece di proteggerle e sostenerle, le famiglie hanno cercato di insabbiare tutto, impedendo loro di denunciare gli aggressori e prolungando così la loro sofferenza.
Questo il destino delle due ragazze stuprate dal branco, 16 persone in tutto, a Seminara, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria, di cui gli ultimi arrestati sono tre e all’epoca avevano meno di diciotto anni, come le due giovani che hanno violentato, usato, filmato come se fossero cose. Tra loro, riporta Repubblica, tre rampolli di ’ndrangheta, il figlio di un politico locale e il fidanzato di una delle due vittime.
E’ il catalogo di orrori vissuto dalle due giovani vittime che ha convinto la procura guidata da Roberto Di Palma a chiedere per tutti l’arresto e il trasferimento nell’istituto penale minorile e il giudice delle indagini preliminari a concederli. Tre di loro, afferma il gip, mostrano “una personalità del tutto sganciata dalle regole del vivere civile e totalmente orientata verso il soddisfacimento dei più biechi istinti sessuali”.
Questo è solo l’ennesimo capitolo di una storia iniziata oltre un anno fa, quando gli investigatori impegnati a seguire una pista di ’ndrangheta, ascoltano alcuni degli indagati organizzare gli stupri via chat. Scattano i primi arresti, le ragazze iniziano a fare delle parziali ammissioni, raccontano qualcosa del loro incubo. Ma per una di loro ne inizia un altro, tutto domestico. I familiari non solo non la sostengono, ma fanno di tutto per farla ritrattare. “Devi stare muta”, le ordinavano la sorella, il fratello e i rispettivi compagni, accusandola di aver “rovinato” tutti quanti, “mettendo nei guai” quei ragazzi. “Ma perché non ti ammazzi?”, le dicevano, urlandole contro “sei una pazza”.
La procura di Palmi e quella per i minorenni, consapevoli del contesto a dir poco ostile, non hanno mai smesso di monitorare le due ragazzine. Di fronte alle crescenti pressioni verso una di loro sono intervenuti immediatamente. Lei, da parte sua, non si è sottratta: “Ha combattuto da sola, è stata determinata e coerente nel suo racconto”, hanno spiegato gli inquirenti.
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